(T. Carmellini) –Finisce in festa, con la panchina che entra in campo nemmeno fosse una finale di Champions. Ma questa vittoria serviva come il pane a questa Roma ferita che raccoglie proprio contro i campioni d’Italia della Juve (da 9 anni imbattuti all’Olimpico e 18 punti più su in classifica) il primo successo in campionato del 2013: quasi due mesi dopo l’ultimo contro il Milan (22 dicembre) sempre all’Olimpico.
In mezzo tutto il mondo, il disastro di una classifica che era e resta inguardabile, l’addio di Zeman e l’arrivo di Andreazzoli che a testa bassa, con il lavoro e l’umiltà, sembra esser riuscito a dare un’identità a questa squadra.
Decide, non a caso, un gol di Totti che scrive un’altra pagina fantastica della sua storia in giallorosso: leader indiscusso di questo gruppo finalmente ritrovato. E la corsa, tutti insieme, sotto alla Sud è un segno di liberazione dopo un periodo terribile, un allenatore cacciato e una società fin troppo bersagliata da una piazza esausta. Vince la Roma con merito, perché gioca un’ottima partita: parte bene, poi soffre, stringe i denti, si copre e colpisce la Juve (stanca dall’impegno di Champions) in apertura di ripresa proprio nel momento in cui i giallorossi si stavano esprimendo meglio. È un successo del gruppo, ma non solo: lo è anche dei singoli, dei singoli a caccia di riscatto. Gente che in molti volevano lontano da Trigoria, uno posto ultimamente accerchiato dai detrattori e nel quale senza Zeman sembrava non si potesse giocare al calcio.
Ma è anche una vittoria che serve a poco, perché la stagione è ormai fin troppo compromessa e pensare a traguardi europei sembra quasi esagerato (ma lo è davvero?). Certo, se la Roma è questa, tutto può succedere. Andreazzoli conferma la difesa a tre con Piris a destra e Marquinhos che va dall’altra parte. De Rossi si piazza davanti alla difesa con Pjanic (Bradley finisce in panchina) al suo fianco e fasce assegnate a Torosidis e Marquinho. Davanti Totti e Lamela dietro a Osvaldo al quale il tecnico ha voluto dare un’altra chance dopo il caso-Marassi e le polemiche che avevano tenuto banco in settimana.
La Roma parte forte ma è chiaro l’intento di limitare i danni e sta molto più coperta perché Andreazzoli chiede ai suoi grande lavoro in fase difensiva. E la cosa funziona anche quando, dopo il primo quarto d’ora giallorosso, la Juventus prende spazio sul campo. I dieci minuti centrali del primo tempo sono tutti bianconeri, ma la Roma stringe i denti e tiene non concedendo mai occasioni di rilievo ai campioni d’Italia: almeno non su palla in movimento. L’unica chance vera arriva, non a caso, su palla inattiva: gran punizione del solito Pirlo sulla quale Stekelenburg fa un mezzo miracolo deviando la palla in angolo. Peccato che la punizione nasca su un fallaccio di De Rossi (stavolta la voglia c’era eccome) che, diffidato, salterà la trasferta di Bergamo: e non sarà il solo, perché poco dopo si aggiungerà anche Totti ammonito per un brutto fallo sull’amico Pirlo (scuse scontate e accettate).
La prima frazione di gara si chiude con la Roma in avanti, qualche buon guizzo di Lamela in grande crescita al quale mancano però sempre gli ultimi metri e i due fischi di Rocchi arrivano come manna dal cielo per una squadra che aveva bisogno di non prendere gol, di ritrovarsi e tornare a credere in se stessa. La ripresa parte ancora in giallorosso con Osvaldo che aggancia l’idea del solito Totti, prima del gol sfiorato da Vucinic: bella botta al volo che sfila al lato di Stek. Quattro minuti dopo Stek chiude bene su Matri e la Roma resta in corsa. È l’episodio che cambia la gara prima della perla di Totti: punizione di Pjanic, Vidal ribatte corto e il Capitano incornicia la sua serata con una staffilata sotto al sette. Fa uno a zero e Olimpico in delirio che concede il giusto tributo all’uomo che ha segnato 224 gol in campionato con questa maglia.
Il resto è storia, la Juve prova a reagire, ma è ancora la Roma a fare le cose migliori pur non riuscendo a chiudere il discorso. E dopo la roulette dei cambi (da una parte e dall’altra) gli ultimi minuti sono di sofferenza prima dei tre fischi di Rocchi che mandano in delirio uno stadio e riconsegnano la Roma al suo popolo. Non cambia molto, ma è un bel segnale.