(Il Tempo – G. Giubilo) Più che una speranza, quasi un’invocazione. Sono pochissimi a Roma quelli che non sarebbero favorevoli a un cavallo di ritorno, a patto che si chiami Luciano Spalletti. C’era stato, tra la fine degli anni settanta e gli anni ottanta, un precedente illustre, quello del leggendario Nils Liedholm[…]
Insomma, i ritorni non sono sempre destinati a produrre effetti negativi, dipende dalla statura dei personaggi ma anche dalla solidità dei loro legami con la città e con la società. La struttura attuale, si intende, non quella fatiscente che Spalletti era stato costretto ad abbandonare, rispondendo alle lusinghe dei russi, quando a Trigoria le risorse erano sotto zero. Resta anche un simbolo, il tecnico toscano degli sbalzi d’umore della tifoseria, era stato accolto, al suo arrivo a villa Pacelli per la firma del contratto, con espliciti inviti a tornarsene a casa. Un anno dopo gli stessi tifosi che invocavano da parte della società un contratto a vita, ipotesi impraticabile per un tecnico, che dipende non soltanto dai rendimenti dei giocatori ma anche dalla coerenza e dalle risorse del club. Non sarà facile dimenticare quelle quattro stagioni durante le quali la Roma era additata all’ammirazione di tutta l’Europa calcistica: per i suoi valori estetici, ma anche pratici, della sua manovra offensiva, senza che per questo la difesa dovesse patire sofferenze come quelle recenti […].
Anche se, è inutile nasconderselo, Spalletti è legato a un contratto di ferro allo Zenit, dunque guadagni altissimi e l’accoglienza di una città bella come San Pietroburgo. Diciamo che i tentativi della Roma di rriportarlo a Trigoria seguono dunque un filo logico, dove Luciano aveva lasciato macerie adesso c’è un organico ricco di talento e confortato da un’anagrafe invidiabile. Per la nuova Roma si tratterebbe, è sicuro, di una primissima scelta.