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LA REPUBBLICA Malagò: “Ma quale vanesio e Dolce Vita cambierò lo sport ascoltando tutti”

Giovanni Malagò

(E. Audisio) – “Imboscata la mia? Non è una bella parola. C’era del malcontento e l’ho interpretato”. L´hanno subito descritta come uno da film di Vanzina: bello, ricco, molto romano.

«Onestamente non mi sembra, se mi si vuole far passare per uno da Dolce Vita, non è così. Sono molto lontano da quell’immagine, infatti mi hanno votato. E l’hanno fatto perché non sono rimasto chiuso nel Palazzo, ma sono andato in giro a raccogliere umori e stati d’animo da chi pratica e organizza lo sport. Sono mesi che ascolto grandi e piccoli elettori, non sono stato lì ad aspettare, credevo di poter essere un valida alternativa. Ho un senso del dovere molto forte, ne ho fatto un dogma. Non credo di essere nel peccato se desidero avere anche una vita privata e godermi dei momenti. In questo sono vulnerabile».

Sarà ancora presidente del Circolo Canottieri Aniene? 

«Deciderà il consiglio, non c’è incompatibilità. Decado a fine marzo. Ma un anno fa abbiamo cambiato lo statuto dando a un segretario il compito di reggenza, un circolo sportivo ha bisogno di una persona molto presente, non solo di rappresentanza».

Resta un circolo vietato alle donne che non possono entrare da socie ordinarie.

«Lo è per statuto. Ma nelle nostre scuole di sport ci sono più femmine che maschi, da atlete si può entrare, da socie no. Così favoriamo l’attività fisica. Pellegrini, Idem e Sensini sono nostre».

Lei passa per l’uomo del rinnovamento: si sente un po’ Grillo. 

«Per carità, no. E non voglio sentire dire che la casta dello sport è stata schiaffeggiata. Non sono termini che mi appartengono. C’era un forte malcontento e io ho saputo interpretarlo. Sono stato anche bravo a stare zitto, quando mi umiliavano. Nelle competizioni elettorali ho sentito molte mostruosità: Petrucci da mesi mi invitava a ritirarmi, tanto non avevo possibilità e Binaghi, presidente del tennis, alla vigilia ha dichiarato che io avrei preso meno voti di Chimenti, che nella precedente elezione si fermò a 24 voti su 79. Invece ne ho presi 40. E allora Binaghi, bravo dirigente, forse difetta nelle valutazioni: ha parlato di imboscata, che è una parola che non fa onore a chi vive nel mondo dello sport».

Non è parola da alta società?

«Non si tratta di questo, ma di scollamento dalla realtà. Io sapevo che c’era malumore e malcontento, che si sarebbe tradotto in voti, io sono per chiedere non per imporre. Loro invece hanno abusato della loro sicurezza, forse presunzione, e non hanno saputo leggere il fermento. Io ho solo capitalizzato e sfruttato i loro errori. Se poi si gioca a far credere che io sono un vanesio che non combina nulla, i signori sono serviti. Il mio competitor, Pagnozzi, ha mandato il suo programma via mail appena 48 ore prima delle elezioni».

Lei è ricordato per i successi di Federica Pellegrini e per lo scandalo ai mondiali di nuoto a Roma.

«Federica sa che può sempre contare su di me. Tornerà competitiva. Perché non ama perdere. Ma non so, se una volta tornata, resterà. Ai mondiali del 2009 ero presidente del comitato organizzatore, non mi occupavo di edilizia, infatti sono stato assolto perché il fatto non sussiste».

C´è crisi, taglio dei fondi, anche per lo sport. 

«Credo nelle sinergie, nella possibilità di integrare e fare sistema su risorse aggiuntive. L’ho già detto, il mondo dello sport può fare da traino. Sono presidente da appena un giorno, deve mettere la testa ancora su molte cose, ma tutto è nel programma. Così come non sono contento della sovrapposizione tra Coni e Coni servizi, che ha il portafoglio, non mi sembra una scelta giusta»

Lei è il primo presidente romanista del Coni.

«Non solo non lo disconosco, ma ne vado fiero. Zeman? Licenziare un allenatore è sempre sintomo di fallimento, ma onestamente la situazione era troppo ingovernabile. Luis Enrique? Un uomo di grande qualità, ma un po’ troppo schematico. Oggi nello sport devi essere duttile, flessibile, veloce. Ti devi saper trasformare, altrimenti sei solo un autolesionista».

Lei e l’Aniene avete sempre creduto nello sport paralimpico: deluso da Pistorius? 

«Sono senza parole. Sopraffatto dall’emozione. Spero sia stato solo un raptus e non la droga. Sarebbe la fine della consapevolezza di un mito. E spero che non riporti nell’ombra il mondo dei disabili. Sarebbe ingiusto condannare così persone che soffrono e che hanno avuto meno fortuna di altre».

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