(E. Sisti) – Zeman aveva detto resto cinque anni e qualcuno la deve aver presa male. S’è visto in campo. Giocatori vuoti, isterici, non comunicanti fra loro, alcuni irritanti, altri impresentabili più del solito, altri ancora determinati come mai a non voler segnare, sbranati, umiliati dal Cagliari. L’uomo che allenava sul filo se ne stava lì, imbambolato. Forse sapeva che prima o poi qualcuno l’avrebbe tradito, che quell’esile filo prima o poi un giuda qualsiasi vestito di rosso coi bordini gialli (ma non giallorosso), l’avrebbe spezzato ponendo fine alle sue inutile acrobazie di allenatore sfiduciato. Ma certo non se l’aspettava così presto, non contro il Cagliari. E soprattutto non in questo modo. Deprimente. E oggi vertice in società per formalizzare ciò che forse è stato già deciso. L’addio a Zeman. Già contattato l’ex ct della Francia, Laurent Blanc.
Dopo un primo tempo orrendo ma comunque ricucito nel finale dalla punizione di Totti che pareggiava il gol di Nainggolan a freddo (1-1), la fine del boemo alla Roma è ufficialmente iniziata, epilogo di triste e brevissimo romanzo, dopo pochi secondi della ripresa, con uno dei gesti più insulsi che il calcio moderno possa offrire: il portiere che si fa gol da solo. La rovina di ogni bellezza, un senso di disperata impotenza. Ma la verità è che non c’era soltanto un pallone avvelenato fra le mani tremanti di Goicoechea. No, c’era anche il destino di un tecnico e il fallimento etico, dirigenziale di società che non è mai esistita come tale, invisa alla curva che ieri sull’1-4 non intonava certo lodi a Baldini e Sabatini, amici mai, una società incapace di mostrare anch’essa un gioco, esattamente come la squadra sul campo. Una società che vara il mercato creativo con l’affare Stekelenburg, venduto al Fulham e poi ripreso mentre era già in volo per Londra. Una società disastro, mille scommesse, tante facce sorridenti, un container di promesse, pure lo stadio nuovo, tanta America. E poi? Poi si arriva ad una partita decisiva come questa, a conclusione di una settimana orrenda, con i calciatori spenti, o motivati a far piazza pulita per conto loro. Nessun dirigente ha parlato con loro? È stato uno strazio.
S’è capito subito come sarebbe andata. Il Cagliari giocava la sua normalità, la Roma dava il suo peggio con la miglior nebbia possibile in testa. Passaggi spesso diretti nell’unico punto in cui non dovevano arrivare: nel vuoto. Lamela che calcia da dieci metri col piede giusto, il sinistro, che però ha la stessa forza di un piede anestetizzato. Dodò fa errori da bambino in punti del campo in cui non dovrebbe esserci e come un bambino tenta giocate da prato sotto casa per entrare in area avversaria. Zeman non farà a tempo ad insegnargli a fare il terzino.Osvaldo potrebbe avere anche le cuffiette dell’iPod nelle orecchie tanta è la sua partecipazione. Non è più una questione se la Roma è zemaniana o no. La questione è se questa Roma è una squadra o no.Quando al 35’ Totti prova dare una mano a tutti, Zeman compreso, segnando l’1-1 su punizione (223 gol, a due lunghezze da Nordahl) qualcuno pensa: dai che la partita è girata! Non solo non è girata, ma il peggio deve ancora venire per la Roma, il Cagliari ancora non ha affondato la lama. Aiutato da Goicoechea, che porta i sardi sul 1-2, segnerà altre due reti (Sau e Pisano) prima del 2-4 di Marquinho. Il Cagliari ha eseguito un delitto agonistico su commissione. Già, ma chi sono i mandanti?