Il segnale di ripartenza, anche se una rondine non fa primavera e infatti ancora si gela, non sono tanto i tre punti contro l’avversario più forte e nemmeno la prestazione, pure se come diceva qualcuno quest’ultima non è mai casuale. No, il primo segnale è stato il boato dell’Olimpico, talmente forte da provocare nella serata di sabato maldestre battute su terremoti ed epicentri, visto il sisma che dodici minuti dopo il goal di Totti ha colpito la zona del frusinate.
Un boato “vecchie maniere”, per usare una formula riconoscibile, un fragore in cui più anni si hanno e più storia della Roma ci si riconosce dentro: nell’esplosione dopo il terra-aria del Capitano riconosci una serie di episodi scolpiti nella memoria, è come sgranare un nuovo grano del rosario laico (ma ne siamo sicuri?) ed infinito delle nostre storiche esultanze: nel goal di Totti e nella reazione dello stadio rivedi il colpo di testa di Pruzzo contro l’Atalanta che valeva la salvezza, il missile di Falcao contro il Colonia a due minuti dal termine sotto il temporale, Voeller che gonfia l’angolino sotto la Nord con i danesi del Broendby che già si sentivano qualificati, sempre Totti che apre le marcature contro il Parma quel diciassette di giugno…Devo continuare? Così mi son venuti alla memoria e così ve li ho “sgranati”, qualcun altro avrebbe potuto nominare un rigore di Ago contro il Dundee, qualcun altro il pallonetto di Totti a Peruzzi…Ammazza quanto Totti, però, pure in questa galleria di memorie che iniziano quando lui era nato da poco.
Questo per dire che nel momento in cui il Capitano ha tramortito Buffon è tornata la Roma, intesa come patrimonio ideale, come simbolo di unità e appartenenza di un popolo tifoso come nessun altro, come episodio che affratella. E’ stato come se quel pallone avesse infranto, per la serata di sabato almeno, gli steccati e le barriere tra tifosi di un tipo e tifosi dell’altro; cancellato gli striscioni contro questi e contro quelli; impallato le bacheche dei social network dove si è sempre più “anti” qualcuno o qualcosa…Un goal come un ombrello infinito che si apre per tornare a riparare tutti, sotto l’unico comune denominatore dell’essere romanisti, capaci perciò di esultare soltanto in quella maniera: fino a sentirsi male dalla troppa gioia.
Certo, da domenica mattina son tornati i clan, le divisioni, gli steccati “ideologici”, i partiti radiofonici e tutto ciò che troppo bene conosciamo; però tra i miracoli del Capitano annoveriamo quest’ultimo: il meraviglioso goal alla capolista, sintesi di forza, brillantezza e concentrazione infinite, con il quale siamo tornati tutti bambini, tutti cioè al tempo in cui si tifava per la Roma che era causa comune e non motivo di discordia, ognuno come poteva e sempre con un entusiasmo che prescindeva dai risultati, che quasi sempre erano poca cosa. Ad un eventuale, facoltosissimo nuovo socio, che sia mediorientale o che provenga da qualsivoglia altra parte del globo, vorrei che si spiegasse proprio questo: il patrimonio sentimentale dell’essere tifosi della Roma, risvegliato da colui che più di ogni altro lo incarna, tra tutti quelli che hanno avuto il privilegio (molti non comprendendolo) di indossarne la maglia. E’ ancora lì che tutto si spiega: anche il modo migliore di fare business con la squadra che porta il nome della città. Litigiosa come solo Lei sa essere e infinita come la gioia che abbiamo provato per i goal che ne hanno scritto la storia calcistica.
Paolo Marcacci