ROMA – “Non attaccate quotidianamente Baldini e Sabatini, se preferite prendetevela con me”. Mr Jim Pallotta alza un muro davanti alla sua Roma. Proprio mentre i suoi manager sceglievano con chi “prendersela” per la figuraccia di Genova. Un vertice nello spogliatoio, con l’allenatore unico interprete del pensiero del club, ma diviso in due momenti distinti: il primo, come se quella con la Sampdoria fosse stata una partita normale, con un’analisi del match anche dura nei confronti dei giocatori. L’altro, per strigliare il responsabile del gesto che ha attirato la furia dei tifosi per il terzo giorno consecutivo davanti ai cancelli di Trigoria. Ma non solo lui. Accertati intanto i tempi dello stop di Castan: servirà un mese e mezzo per rivedere in campo il centrale brasiliano: probabile un ritorno alla difesa a quattro.
RICHIAMO A TOTTI – Prima Daniel Osvaldo a rapporto, poi anche Francesco Totti: la Roma ha rivissuto, a 48 ore di distanza, la sciagurata sequenza di eventi che l’ha portata a buttare via l’occasione di riprendere una partita poi persa. Il rigore di Osvaldo contro la Sampdoria, il rigore rubato a Totti: un atto di insubordinazione che i manager romanisti non hanno accettato. Ma se prendersela con l’anarchico attaccante italo-argentino era almeno doveroso, quasi singolare il rimprovero mosso a Francesco Totti. Rivoltogli in modo esclusivo – anche per affermare la propria leadership sul gruppo – dal frontman del momento, il tecnico Aurelio Andreazzoli: “Come rigorista avresti dovuto andare a prendere la palla e battere, era un penalty troppo importante per la squadra e tu non ci hai neanche provato”, il senso del discorso mosso al capitano. Che, forse un po’ stupito da un richiamo obiettivamente inatteso, ha preferito non rispondere. Pur restando convinto di quanto aveva spiegato a allenatore e compagni a fine gara: di aver fatto la scelta giusta evitando di peggiorare la situazione con una discussione in campo su chi avrebbe dovuto calciare, pur provando evidente dissenso per la decisione del compagno.
ANDREAZZOLI DURO CON OSVALDO – Meno bene è andata a Osvaldo: la mattinata romanista era iniziata, intorno alle 11, con la riunione tecnica che segue abitualmente le gare, con una analisi video e utilizzo di fermo immagine per valutare le situazioni più indicative, scelte da Andreazzoli per mostrare errori e richiamare – con forza – la squadra ad un’attenzione maggiore. Poi, la seconda riunione dell’allenatore, per discutere da solo con il centravanti azzurro del suo gesto. Toni acerbi, decisi, per rimproverargli una scelta che “rischia di dare l’immagine che qui ognuno possa fare ciò che vuole”. Lontanissima da quanto sta cercando di costruire la Roma, e vicina semmai alla denuncia di Zeman costatagli il posto e la fiducia della squadra. Che, però, con atteggiamenti simili rischia di dargli postuma giustificazione. Ma la giornataccia di Osvaldo, già cupo per il confronto, è proseguita anche fuori dai cancelli del centro sportivo, con la contestazione dei tifosi: un calcio e un pugno alla sua auto mentre nel primo pomeriggio lasciava i campi di Trigoria, da parte di due giovani supporters poi immobilizzati dalle forze dell’ordine che avevano blindato piazzale Dino Viola. Le scuse del numero nove romanista lunedì a mezzo twitter non sono bastate, evidentemente, a restituire la serenità dell’ambiente nei suoi confronti.
PALLOTTA: “PRENDETEVELA CON ME” – Un ambiente contro cui sembra quasi scagliarsi il presidente James Pallotta nel suo comunicato, piovuto a sorpresa dagli States, che ha ad oggetto il momento del club: “Anche se non abbiamo ottenuto risultati molto soddisfacenti di recente, ho una grande fiducia nei nostri giocatori e nel nostro staff”, ammonisce mr. President, quasi cercando di normalizzare una catena di eventi “paranormali” avvenuti in pochi giorni intorno al feudo romanista. E chiedendo ancora margini di lavoro per costruire “un organico societario ed una squadra che necessitano di tempo affinché possano diventare l’orgoglio di Roma”. Ma Pallotta deve anche riconoscere implicitamente il fallimento dell’idea di costruire una squadra capace di puntare alle posizione di vertice, arrivando a parlare di “periodi di transizione”. In cui “col senno di poi si sarebbero potute fare scelte differenti, ma non intendo prendere decisioni di facciata solo per soddisfare i bisogni di qualcuno a breve termine”. Un messaggio forse criptico, forse riferito alle posizioni traballanti del d. g. Baldini e del d. s. Sabatini. Cui dedica forse il pensiero più intenso dell’intera lettera alla città: “Attaccare quotidianamente i nostri dirigenti come Baldini e Sabatini è inutile e non porta alcun risultato. Se preferite, prendetevela con me”.