(E. Sisti) La capolista esce sconfitta dall’Olimpico per 1-0, decide una splendida rete del capitano giallorosso al 13′ della ripresa. La squadra di Conte è apparsa sottotono, meritata la vittoria degli uomini di Andreazzoli. Il Napoli, impegnato contro la Sampdoria, ha l’occasione di portarsi a -2
ROMA – Tanto per non farsi male nel primo tempo. Per giocare sul serio nel secondo. E quando s’è giocato sul serio stavolta ha vinto la Roma, quella Roma che perde così spesso che sembra incredibile che per quarantacinque minuti abbia messo sotto la Juventus, la padrona del campionato, la squadra tatticamente e fisicamente inarrivabile, sempre lucida, presente, sempre capace di indirizzare le partite al momento giusto o di rivoltarle, se necessario. Stavolta no. Ha vinto la Roma ma soprattutto ha vinto Totti, il protagonista assoluto di questa serata che inverte valori, riapre il campionato e riconsegna un po’ d’entusiasmo in quel fortino impazzito che era diventata Trigoria negli ultimi giorni, sino all’ennesima, tragicomica uscita di Andreazzoli, che istigato da chissà chi, aveva affermato: “Se fossi un calciatore in questo momento non verrei mai alla Roma”. Un’uscita quanto mai opportuna. Per riparare i guasti provocati anche da questa esternazione, Totti ha giocato una partita straodinaria, per intensità e lucidità. E’ stato il migliore nel blando primo tempo (tanto che pareva un match di cortesia, un allenamento), è stato devastante nel secondo. E ha perso la Juve perché nel primo tempo ha aspettato sdegnosa, forse pensando: “Tanto facciamo gol quando ci pare”. E poi ha sentito la stanchezza di Glasgow. Non si aspettava che l’aumento di ritmo e intensità della ripresa rimpicciolisse lei e non la Roma.
Prima dell’inizio della partita c’era stato un piccolo ma significativo gesto d’amore dei giocatori della Roma verso i tifosi: prima della partita sono andati a scaldarsi nel semicerchio in sintetico sotto la Curva Sud. Una scelta importante: volevano condividere più da vicino con la gente di cuore, con quelli che la passione non li abbandona mai (e si vede), le critiche ai vertici, non ultimo, fra gli episodi imbarazzanti di quest’ultima settimana, il necessario comunicato con cui Totti smentiva di aver mai avuto colloqui chiarificatori (o altro) col suo allenatore Andreazzoli dopo la scena del rigore scippato da Osvaldo (ribattezzato “Osbajo”, cioè “lo sbaglio!”).
In campo la Juve era sistemata nel modo classico. Tre difensori, cinque centrocampisti con più mansioni, due punte che si alternano nel ruolo di prima punta. Ormai Conte non deve dir nulla ai suoi prima di entare in campo (semmai gli urla qualcosa dopo). Sanno attaccare quando serve, sanno aspettare, sanno risparmiarsi. Dal bussolotto di Andreazzoli stavolta esce invece il 3-4-2-1, ma sappiamo che non è questo che conta (per lui). Conta che i giocatori facciano quello che gli viene chiesto. Ma se ogni volta si gli chiede una cosa diversa non si pèuò escludere che quelli, pur volenterosi, vadano in confusione, pestandosi i piedi, ribellandosi e cominciando a fare di testa propria, perdendo l’orientamento e la fiducia. Rimane comunque indicativo, ma disperante, che la Roma si presenti con un modulo mai sperimentato (e per giunta complicato assai, tanto è vero che sul campo è diventato per paura, soprattutto di non farcela fisicamente, un 5-3-2 opopure 5-4-1 visto che Totti s’abbassa pure troppo) proprio di fronte alla squadra che più di tutte ha tratto profitto dall’applicazione rigorosa dei suoi principi tattici, chiunque ci fosse in campo. Quindi c’è ragione di preocuparsi (ma le cose andranno diversamente).
Osvaldo è spiritato. Nei primi dieci minuti sembra l’unico in campo. Al 10′ salta Buffon e rimette in mezzo dove il pallone viene riconsegnato a Buffon con i piedi dai suoi compagni (l’arbitro Rocchi decide che è involontario, ma obiettivamente è difficile essere d’accordo con lui). E’ evidente che la Roma ha un solo dediserio: scuotersi. Ma il sistema di gioco che dovrebbe rispettare è tale che nessuno dei centrocampisti (per ragioni diverse) è in grado di offrisrsi per degli inserimenti. Possono quindi far gioco in tre, e sono sempre pochi, specie con la difesa juventina schierata. La Juve può contare sui lanci di Pirlo con Matri e Vucinic che allungano la difesa. Ma niente di tutto ciò riesce abbastanza per creare pericoli. Unico lampo la punizione di Pirlo al 19′ che Stekelenburg para quasi sulla linea, a pochi centimetri dal palo.
Le squadre cercano prevalentemente una penetrazione centrale, esaltando il modulo delle difese avversari con tre difensori che si stringono nel momento del bisogno, quindi solo un triangolo particolarmente ispirato o magico può mettere un uomo solo davanti al portiere. Invece è sulle fasce che si può fare superiorità numerica costringendo le difese ad allargarsi. Ci riesce la Roma al 28′ con Osvaldo, straordinariamente mobile, che ancora una volta salta Barzagli e scarica su Totti al limite, ma non esce né un tiro né un cross.
Primo tempo senza luci, occasioni, belle o particolari giocate. Molto fisico (le ammonizioni a De Rossi e Totti sono pesanti, salteranno Atalanta-Roma). Ma anche con tremendi errori di misura negli appoggi (più colpevole la più rodata Juve), cattivi controlli di in condizioni agevoli e un inestimabile numero di palle perse senza apparente motivo. Anche Lamela, dimenticato dai suoi per lunghi tratti, nell’unica occasione che ha di partire palla al piede, perde la bussola e la velocità e si fa anticipare da Bonucci (45′).
Nella ripresa il mondo si capovolge. Ci provano subito Osvaldo (3′) e Vucinic (4′): sono le prime occasioni da gol che si possano chiamare così. Il brutto controllo di Torosidis su un fantastico lancio di Totti, “evita” il vantaggio della Roma (5′). Ora sembra una partita più viva. Sassata di Pjanic da fuori che Buffon sventa in angolo. Squadre molto lunghe. Siccome ultimamente la Roma perde quasi sempre, stavolta ha poco da perdere. E nel cambio dei ritmi pare esaltarsi e migliorare più della Juve. Al 9′ Matri impegna Stekeleburg. All’11’ Osvaldo “centra” Buffon di testa: bastava angolare. Ma il gol è nell’aria. Lo segna chi lo merita di più: Totti, da fuori area, palla sotto la traversa. Una rabbia, una forza, una precisione infinite (12′). Meritato. Giusto anche che la Roma vada avanti con lui, che ne è il simbolo unico, l’unica persona incapace di avere due facce in quel torbido mondo della Trigoria americana. Un contropiede Torosidis-Osvaldo consegna a De Rossi il pallone del 2-0, ma dal povero Daniele arriva un liscio impensabile (19′). Lamela vorrebbe entrare in porta con la palla al 25′, però il gesto è notevole. La Juve ha i piedi stanchi e le idee vengono di conseguenza impoverite. Quelle di Pirlo soprattutto. Conte rovescia i piani e lancia il tridente d’emergenza Anelka-Matri-Giovinco. E si sbilancia. Ma adesso la Roma, con Bradley, si difende quasi a sei. I contropiedi giallorossi sono una minaccia continua. Totti ha ancora gambe. Crossa basso da destra e il corpo di Lichtsteiner toglie a Marquinho il 2-0 (31′). L’assalto finale della Juve è tale che è la Roma ad avvicinarsi di più al raddoppio. Il Napoli può tornare a -2. La Roma può ritrovare fiducia. Ma la Juventus l’ha aiutata sbragandosi. L’Atalanta, domenica prossima, che la Roma affronterà senza Totti né De Rossi, potrebbe non farlo.