(V. Puledda) – Alla fine, è andata come tutti si erano aspettati, fin dalle prime battute: lo sceicco che doveva investire nella Roma calcio non ha messo i soldi sul piatto e i termini perla trattativa sono scaduti il 14 marzo, ovviamente senza che venissero concesse proroghe. Anzi, il suddetto sceicco è indagato per possibile aggiotaggio e di sicuro la Procura, su relazione della Consob, sta investigando sul caso.
La vicenda intanto, come spesso accade, ha creato qualche sconquasso in Borsa pur in assenza di requisiti di concretezza. Al punto che alla fine della settimana scorsa il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, pur senza far nomi direttamente ha parlato di episodi analoghi alla fontana di Trevi di Totò. Sia come sia, qualcuno a Piazza Affari si è fatto male: non solo per le fortissime oscillazioni del titolo Roma calcio, che intorno al 22 febbraio si è impennato, per poi altrettanto rapidamente tornare a scendere e continuare per qualche tempo a strappi. Ma perché queste oscillazioni sono state accompagnate da volumi molto forti: segno che qualcuno ha creduto alle trattative, per quanto inverosimili.
Forse era il caso di fischiare prima la fine partita, anche prima del novantesimo minuto: da tempo si era capito che i soldi non sarebbero arrivati, almeno non da quella parte. Su titoli quotati la prudenza non è mai abbastanza