Adnan Adel Aref al Qaddumi al Shtewi è uno sceicco, ma vive in una modesta palazzina a Cordigliano. E questo si sapeva. Vuole acquistare la Roma con i soldi di un’eredità principesca della quale è venuto in possesso da poco tempo. Eppure vive modestamente tra Perugia, Roma e Milano. Ha lavorato come bibliotecario nel Comune di Perugia e ha sposato una dipendente pubblica (un figlio carabiniere e una figlia che lavora con lui). E anche questo si sapeva. Adnan Qaddumi è giordano, ma di origini palestinesi. Ha fatto parte dell’Olp. E si sapeva anche questo. Ha lasciato il suo paese e la famiglia principesca per motivi legati all’invasione israeliana della Cisgiordania. Tutto risaputo.
«È stato siglato un accordo con lo sceicco Adnan Adel Aref al Qaddumi al Shtewi per il suo ingresso, diretto o indiretto, nella compagine societaria che detiene la partecipazione di controllo di Neep Roma Holding spa. L’efficacia di tale accordo è subordinata all’avveramento di determinate condizioni, secondo una tempistica ad oggi non prevedibile. Tale potenziale ingresso risponde alla già annunciata strategia di espansione delle attività commerciali della controllata AS Roma spa in nuovi mercati e con nuovi investitori» recita un comunicato ufficiale del 21 febbraio. E anche questa è storia nota. Solo che a qualcuno è venuto il dubbio: come vuole acquistare la Roma da Pallotta lo sceicco?
«L’eventuale ingresso dello sceicco Adnan Adel Aref Al Qaddumi nel capitale di As Roma dovrà avvenire entro il 14 marzo. Qualora l’operazione andasse in porto, lo sceicco dovrà versare le risorse per acquisire una partecipazione diretta o indiretta nella società calcistica entro il prossimo 14 marzo 2013. Indipendentemente dall’esito della trattativa, James J. Pallotta continuerà a mantenere la gestione delle operazioni. Negativo il titolo As Roma in quest’inizio di ottava, in calo del 2,23% a 0,526 euro» risponde la Roma. Lo sceicco ha pronti 50 milioni di euro da mettere sul piatto. Un investimento che vorrebbe fare come ha già tentato in passato. E questo forse si sapeva un po’ meno: Fagnu’s e Acquamarcia. Per quest’ultima è lui stesso a dire: «Anni fa mi avevano proposto la società Acquamarcia. Ho fatto controlli con miei consulenti e revisori che mi hanno sconsigliato di prendere la società». La realtà sarebbe diversa. Lo dimostra l’affare Fagnu’s.
La ditta Fagnu’s di Umbertide era una primaria azienda a livello europeo nel settore della sartoria industriale con 160 dipendenti. Dal 1947 al 1997 (data della dichiarazione di fallimento) ha rappresentato per l’Umbria un marchio di assoluto prestigio mondiale, oltre che essere stata una indubbia fonte di benessere ed occupazione per la comunità della zona.
Poi qualcosa non ha funzionato più, alla famiglia proprietaria sono subentrati altri investitori e la situazione è precipitata nel giro di poco tempo.
La Fagnu’s fu dichiarata fallita a seguito di istanza avanzata dai dipendenti stessi, a causa di un arretrato di una mensilità e mezzo, pari a circa di 360 milioni di vecchie lire in data 6 giugno 1997; a seguito del fallimento fu posta in vendita all’asta nel 1998 ed acquistata dalla finanziaria regionale Sviluppumbria per un importo complessivo di 700 milioni di vecchie lire, inferiore rispetto ad altra offerta precedente avvenuta, a trattativa privata, ed appoggiata dal più grosso istituto del credito della regione, il Medio Credito dell’Umbria.
È in mezzo ai due eventi che si inserisce lo sceicco.
Adnan Adel Aref al Qaddumi al Shtewi viene presentato come il salvatore della patria. Colui che risolleverà le sorti dell’azienda tiberina. Ed in effetti entra nella società. Solo che i capitali freschi di cui si fa portatore non arriveranno mai. E la società finisce male. Lo sceicco viene anche condannato (patteggia due anni, con pena sospesa e non menzione).
La Fagnu’s finisce ad una nuova compagine societaria che non riesce a far fronte alla situazione, gli operai rimangono senza stipendio. Interviene la magistratura con arresti e processo per due persone: Alessandro Mei e Antonio Perucci, difesi dagli avvocati Mucci, Bonsignore, Biffani e Murgia. I due vengono scarcerati dal Riesame per termini di legge. Processati vengono condannati a 4 anni e mezzo di carcere. Pena che viene confermata in appello. Sentenza annullata in Cassazione. E questo non si sapeva.
Alla base dei tentativi di acquisto c’è sempre la promessa di denaro contante (30 milioni di euro per l’Acquamarcia, qualche miliardo di lire per la Fagnu’s, 50 milioni di euro per la Roma). Soldi che, nel caso di Fagnu’s per esempio, non compaiono che sulla carta alla firma dell’accordo. Nel prosieguo di tempo, sempre nel caso dell’azienda altotiberina, i soldi non arrivano, ma sulla base del contratto lo sceicco può operare per conto della società.
Una gestione delle cose che ha interessato la Procura di Roma che ha aperto un fascicolo sulla trattativa per il controllo dell’As Roma. Il fascicolo è intestato “atti relativi a”, ossia privo di ipotesi di reato e di indagati.
La Procura di Roma ha chiesto alla Consob una relazione sull’attività di vigilanza svolta a fronte dell’anomalo andamento del titolo in borsa, più volte sospeso per eccesso di rialzo. Un comportamento che ha suscitato l’interesse di altri investigatori anche in altri settori e non si escludono sviluppi clamorosi nell’arco di pochi giorni.