(Repubblica.it – M.Pinci) Dalla commedia alla procura. Della farsa andata in scena tra la Roma e lo “sceicco” di Perugia Adnan Qaddumi, si occuperanno i pm: perché dopo lo scontato naufragio dell’affare con James Pallotta l’imprenditore palestinese è ufficialmente indagato per il reato di aggiotaggio. Il giorno dopo la tragicomica bufala Qaddumi, però, è già il momento delle domande. Chi ha presentato il sedicente principe giordano a Pallotta? Perché Mr President si è seduto a parlare con un soggetto apparso fin dalla primissima ora insolvibile, arrivando a firmare con lui un preliminare? A chi si è affidato per la due diligence? E soprattutto: perché, dopo neanche due anni di gestione, il progetto americano ha già bisogno di “ossigeno” (parola del d. g. Baldini) al punto da non guardare in faccia al nuovo “potenziale partner”?
UNICREDIT PRESTO CONFRONTO CON PALLOTTA – Domande a cui Pallotta potrebbe rispondere nelle prossime settimane, se come sembra dovesse tornare a Roma per il derby. Prima dovrà farlo nei confronti di Unicredit, tenuta all’oscuro a lungo dei discorsi con Qaddumi, e scettica in modo anche diretto una volta venuta a conoscenza dell’interlocutore scelto da As Roma spv llc. La prossima settimana, dopo un weekend di riflessioni, andrà in scena un confronto, in cui è possibile che la banca chieda maggiore coinvolgimento in operazioni simili, soprattutto prima di passi come la firma su un preliminare, determinante nel compromettere gravemente l’immagine del club e soprattutto della proprietà statunitense.
LE RESPONSABILITÀ DEI “RAPTOR” – E in questo senso, l’attenzione si concentra, più che sulla figura di Baldini, un semplice tramite tra Qaddumi e la proprietà Usa almeno a sentire i fedelissimi del sedicente sceicco, su quelle dei manager del Raptor Group: Sean Barror, l’uomo che ha avuto un ruolo nelle fasi embrionali della vicenda, Mark Pannes, che l’ha seguita direttamente curando anche la fase di due diligence, e Robert Needham, che avrebbe messo la firma sul preliminare. Di fatto, è proprio la matrice statunitense (gli avvocati sono rimasti fuori dalla questione) ad essersi esposta maggiormente, siglando la figuraccia planetaria della Roma.
INDAGATO QADDUMI, LUI ACCUSA UN MALORE – Alla grottesca farsa della trattativa, in mattinata, si è aggiunto un nuovo capitolo, forse il più doloroso: Adnan Qaddumi è stato – ha riferito ad amici – colto da un malore nella sua casa alla periferia di Perugia (ma non è ricoverato, a differenza di quanto trapelato inizialmente). Ma l’imprenditore di origine palestinese dovrà preoccuparsi soprattutto degli strascichi giudiziari della sua iniziativa. Perché se molti tra documenti, testimonianze, report, riferiscono di una sorta di “sistema Qaddumi”, con copione ripetuto sistematicamente – presentazione del soggetto come di un principe arabo con un’eredita appena sbloccata a disposizione, firma di un preliminare, ritirata strategica – stavolta la sua iniziativa, rivolta verso una società quotata in Borsa, rischia di non finire in una bolla di sapone: la procura di Roma ha iscritto Adnan sul registro degli indagati per il reato i aggiotaggio. Inevitabile anche dopo che la Consob aveva drizzato le antenne sui movimenti intorno al ridottissimo flottante del titolo Roma sul mercato azionario. Una sorta di Fioranelli-bis che, come nel caso precedente, rischia di finire davanti a un magistrato.