(A. Catapano) – In una società come la Roma malata di fenomenite, o se preferite fenomenismo, insomma sempre a caccia di colpi a effetto,scelte epocali, uomini straordinari (che spesso si rivelano quaquaraquà), sentire il richiamo a concetti semplici come «normalità», «comportamenti», «famiglia», «amici» può far sorridere. E invece, se mettiamo da parte il cinismo che ormai regola le nostre esistenze e leggiamo un po’ meglio tra le righe aureliane, ci rendiamo conto che proprio questa normalità risulta straordinaria.
I COMPORTAMENTI… Si diceva lo stesso di Luciano Spalletti, qualche anno fa. E in effetti in queste ore a Trigoria, almeno per quanto attiene al campo, sembra di assistere a una rispallettizzazione della Roma. «I comportamenti sono fondamentali», dice Andreazzoli.E anche l’apertura del centro sportivo ai figli dei calciatori — ieri visti zompettare gli eredi di Totti, Castan, Stekelenburg — è una decisione mutuata dalle abitudini di Spalletti. Come la strategia generale che indirizza la sua gestione: ricostruire un gruppo sgretolato dalle picconate di Zeman. Impresa che può essere compiuta solo attraverso passi misurati, parole comprensibili. È la filosofia del vivere giorno per giorno. «Se mi metto ora a parlare di Champions risulterò poco credibile, ma se indico obiettivi minori mi diranno che mi accontento — ragiona Andreazzoli —, perciò sono costretto a vivere giorno per giorno. Le tabelle valgono zero, anche perché se non le rispetti entri in depressione. E io sono tanto sereno e in depressione non ci voglio cadere».
LA VITA E’ ADESSO Semplice semplice, quindi rivoluzionario. Ecco, il vero marziano a(lla) Roma è questo signor (ex) nessuno. Uno che, mentre i suoi dirigenti immaginano il futuro, rincorrono sogni (e sceicchi umbri) e probabilmente già pensano a chi scegliere tra Allegri, Ancelotti e qualche altro fenomeno, non può e non vuole guardare oltre il proprio naso. «Il derby dell’8 aprile? Inopportuno parlarne ora, piuttosto arriviamoci con due vittorie. Il mio futuro? Non ho nessun tipo di pensiero che vada oltre Roma-Parma — assicura Andreazzoli —. Sarà con la Roma. I dirigenti sono miei amici, qui mi sento in famiglia, e non voglio pensare a cosa accadrà a giugno. Per me è gratificante quello che sto facendo. Gli obiettivi che avevo in testa un mese e mezzo fa sono tutti avviati verso il raggiungimento».
NUOVO CASO Semplice, anche qui. E semplice sarebbe stato pure consentire a Miralem Pjanic, tassello fondamentale della Roma aureliana, di proseguire la convalescenza dall’infortunio al piede qui, sereno e tranquillo. «Il ragazzo sta meglio, i tempi di recupero si sono ridotti», annuncia Andreazzoli. E infatti la Bosnia lo reclama per la sfida di qualificazione mondiale con la Grecia, in programma venerdì. La Roma, a malincuore, lo farà partire con un certificato medico che ne attesta l’indisponibilità. Ma i dottori bosniaci avranno l’ultima parola. Un anno fa, in condizioni simili, Pjanic rimase in nazionale, giocò e da quel momento in poi il suo rendimento alla Roma ne fu condizionato. Un bis renderebbe meno semplice la rincorsa del marziano Aurelio all’Europa.