Trecento volte con la Roma in campionato. Trecento volte quella maglia che per te vale più di tutto. Trecento volte Daniele De Rossi. Vanto di una tifoseria come recitava uno striscione domenica sera all’Olimpico, simbolo, con Francesco Totti, della romanità vera e passionale. Daniele, un ragazzo semplice che si è fatto uomo in fretta, che ha sempre dato tutto se stesso per la Roma, già da quel lontano 30 ottobre 2001, gara d’esordio con la casacca giallorossa.
Undici stagioni di amore, di lotte e di battaglie, di gioie e di dolori, undici anni da De Rossi, uomo, campione, tifoso. Una storia fatta di enfasi sfrenata per quella maglia che ha sempre indossato con grinta e con ardore: “Ho un solo rimpianto, quello di poter donare alla Roma una sola carriera” racconto’ con semplicità in un’intervista qualche tempo fa, non sapendo che con quelle parole stava strigendo un patto di sangue che l’avrebbe legato per sempre ai suoi tifosi, la sua gente.
Più forte di tutto DDR, dalle difficili situazioni personali su cui molti hanno ricamato, alle critiche che qualche “maldestro osservatore di calcio” gli ha spesso attribuito. Più forte delle chiacchiere maligne sul suo conto, di accordi presi da Parigi a Londra, passando per Madrid, di inutili discussioni fatte per radio sulla sua persona. Ma del resto si sa, a Roma, a molti piacere sparlare: nella città eterna qualche “folle” ha addirittura etichettato Totti come calciatore finito, bollito già da anni, dovendosi ricredere domenica dopo domenica. Roma, la tua città, l’impero che da tante stagioni difendi con tenacia: una piazza che sogna di vincere ed esultare con il suo paladino in campo qualcosa che nella capitale manca da troppo tempo, qualcosa che per pochi mesi non hai potuto sentire anche un po’ tua. Come scriveva Kipling “…se saprai aspettare senza stancarti nell’attesa...”, arriverà anche per te quel momento, quello Scudetto che con onore e fanatismo ti andresti ad affiggere sul torace.
Trecento volte quella vena gonfia sul collo, trecento volte quel vessillo portato sul petto, trecento volte quel ragazzo “con la mentalità di un ultras in campo” (altro striscione dedicatogli tempi fa). Baciala ancora quella maglia Daniele, baciala ancora trecento volte per noi, per chi ti vuole bene, per chi, nel bene e nel male, non ti volterà mai le spalle.
Nicolo’ Ballarin