(D. Galli) – Head of Premium Sales. Capo dell’As Roma Premium.Leonardo Rossi dirige quella parte sconosciuta della Roma che cura l’eccellenza, la sua equipe fiuta clienti facoltosi per le postazioni più fiche dell’Olimpico, aree come la Tribuna 1927 a portata di tasche parecchio benestanti, magari quelle di qualche multinazionale, oasi del gusto per raffinati gourmet. «Abbiamo degli chef che cucinano all’istante qualunque portata, siamo l’unica società di calcio in Italia a fare showcooking», dice Rossi non senza un pizzico d’orgoglio.
La Roma, ragazzi, ha fatto scuola. Via i biglietti omaggio, al bando i portoghesi, al massimo è la società a invitare i suoi ospiti. Gli altri, i potenti, il biglietto se lo devono comprare. La Roma ha fatto breccia in un sistema bacato, ha fatto scuola e anche impresa: adesso si vende tutto nello stadio del Coni, con cui il management ha stretto un’alleanza solidissima e proficua per entrambi. Rossi ha il cuore modenese, su Linkedin vanta un master Fifa in Sport Management, fino a un anno fa era uno dei manager che piazzava i posti più raffinati del nuovo stadio juventino. Ha stile, garbo, ma soprattutto il grandissimo pregio di non nominare mai quelli là. Li definisce «coinquilini». I «coinquilini» non sanno cosa sia Villetta Ruggeri. Ma forse non lo sanno nemmeno molti romanisti. Questi due piani proprio di fronte al Bar del Tennis sono una specie di dépendance di Trigoria: romanisti, tanto.
Al pianterreno i ragazzi del Centro Servizi, i risolvi-problemi giallorossi, sopra di loro opera lo staff di Rossi. Quassù si cercano i clienti delle sedute più care e prestigiose dell’Olimpico. Non si tradisce l’anima popolare del club, si punta semplicemente a rendere più ricca e potente la Roma. Chi compra un abbonamento all’entry level, il minimo sindacale per intenderci, di 2450 euro lo fa forse perché vuole invitare allo stadio «dei clienti da coccolare – spiega Rossi – o l’amministratore delegato di una società con cui si sta per concludere un’intesa importante. L’informalità del contesto calcistico agevola una chiacchierata d’affari. Anche se poi qui viene anche il tifoso che ha semplicemente una grande passione per la Roma».
Il segreto è l’effetto sorpresa, racconta il manager: «Grazie a Premium i nostri soci riescono a stupire i loro partner. Questo per la Roma è un valore aggiunto». Un valore che finora mancava. Un valore che quelli, gli altri, i «coinquilini», non sanno nemmeno cosa sia.
Rossi, esattamente cos’è l’As Roma Premium?
È una struttura che consente di vedere la partita della Roma da una zona unica. Esclusiva. Va a completare un panorama di offerte – diciamo di abbonamenti, di biglietti – che parte dalla Curva, dai nostri tifosi più calorosi, quelli che ci seguono sempre, e passa per le Tribune Tevere e Monte Mario. Fino alla passata stagione mancava quella parte che può interessare le imprese, i liberi professionisti e – perché no? – quelle famiglie che hanno voglia di provare un sistema diverso, improntato su più proposte: una bella cena, parcheggi gratuiti, la possibilità di invitare i propri ospiti e godere dello spettacolo della nostra partita in un ambiente il più confortevole possibile. Ecco perché abbiamo diverse tipologie di offerte. Tra i nostri soci c’è chi possiede un’azienda e ci tiene a invitare un paio d’amici o di clienti senza possedere un budget stratosferico, fino ad arrivare a chi sceglie la Tribuna 1927, la ex Tribuna autorità, dove tutti i servizi sono elevati alla massima potenza per garantire il massimo del comfort dalle due ore precedenti la partita fino all’ora successiva. Per esempio, c’è un account manager dedicato, che segue continuamente il cliente per ogni sua esigenza. Ci tengo a sottolineare come anche il nostro socio più facoltoso non abbia nulla di più o nulla di meno rispetto a qualsiasi altro tifoso della Roma. Ha solo altre esigenze. Esigenze alle quali As Roma Premium offre una soluzione.
Fino alla scorsa estate non esisteva nulla di tutto questo. La domanda è: quanto As Roma Premium sta incidendo sui ricavi complessivi della Roma?
Consideri che i posti disponibili sono 1300 – l’anno prossimo li porteremo a 1600 – e che il costo medio è di 4000 euro a stagione.
Il prezzo varia in funzione dell’importanza della partita?
No. I match non possono essere acquistati singolarmente. Per accedere ai nostri servizi – che le ripeto, sono esclusivi – occorre abbonarsi.
Considerate le tariffe, si può ipotizzare che abbiate venduto però poche centinaia di abbonamenti.
Invece siamo proprio su quei numeri lì… (un migliaio, ndr).
Qualcosa che le ha fatto particolarmente piacere in questi primi mesi?
Sì, una cosa c’è. Il confronto con i nostri coinquilini (la Lazio, ndr) all’Olimpico. Noi garantiamo un servizio che loro non possono nemmeno lontanamente offrire.
Esempio, però: la Tribuna 1927 è sempre dotata del touch screen. Non è che la smontate, quando gioca la Lazio.
Le sedute ovviamente rimangono, quello che fa la differenza è l’area ospitalità, con i tavoli per i soci e i bistrot dove poter scambiare quattro chiacchiere in tranquillità. Bene, questo sistema ce lo abbiamo solo noi, proprio perché ci abbiamo investito su.
Avete investito anche nella partnership col Coni.
Il segno tangibile è questa palazzina, Villetta Ruggeri, di cui solo la Roma ha l’usufrutto. È una collaborazione assolutamente di prim’ordine, costante, continua. Ne sono la dimostrazione i lavori che il Coni sosterrà per l’ampliamento dell’area nella prossima stagione, lavori di cui beneficeremo noi.
Con Malagò avete già iniziato a confrontarvi? Magari non come cliente, ma come neo presidente del Coni.
Sì, sì, invece sì.
Come cliente?
Come cliente. È una grande fortuna. Il presidente del Coni è un nostro grandissimo tifoso e ha davvero una mentalità vincente. Ci ha supportato. Lo ha fatto anche prima di diventare presidente, consigliandoci qualche piccola modifica.
Quale?
Veicolare As Roma Premium attraverso dei nuovi canali, che non conoscevo. Io venivo da una realtà, quella di Torino, molto diversa da quella romana. Con As Roma Premium la società acquisisce una dimensione ancora più internazionale. Assolutamente sì. Le faccio un esempio. Un cliente parte con un investimento modesto, ma quando si rende conto del valore intrinseco del prodotto che riusciamo ad offrire, incrementa e magari diventa un nostro partner, uno sponsor del club.
Cosa cambierà con lo stadio di proprietà?
Ci sono dei criteri molto chiari. I posti top di uno stadio di nuova generazione sono fissati in proporzione di quelli totali.
Qual è questa proporzione?
Dipende dalla capienza dello stadio. Non azzardo numeri. Con l’Olimpico di adesso, che con le attuali disposizioni sulla sicurezza contiene 60/62mila posti, averne 1300 per l’area Premium è anche poco. Il giusto dovrebbe essere il doppio.
Che differenze ha trovato tra Roma e Juventus?
Come ricerca della professionalità sono abbastanza uguali. A Roma ci sono problematiche diverse: la proprietà dello stadio diversa, la coabitazione con un’altra società. Per far quadrare il progetto serve appunto una profonda professionalità da parte del management. E in questo la Roma può competere col resto d’Europa.
Come è approdato alla Roma?
È stata un’opportunità incredibile, di quelle da non lasciarsi scappare. Mi ha voluto, mi ha corteggiato, il direttore commerciale Winterling. È stata una scelta di “pancia”. E poi Roma è meravigliosa.
Lei non è romano. Da “straniero”, che sensazioni le trasmettono l’Olimpico che canta, la Sud, la commozione il giorno della Hall of Fame?
Sono sincero, ne sono rimasto affascinato. Una passione così non l’ho vista da nessun’altra parte. Giocare in uno stadio con cori, canti, bandiere, è uno stimolo a fare sempre meglio. Poi sa, io sono legato a un certo tipo di tifoso: vecchio, caldo, appassionato. Mi rendo conto che sembra un paradosso, per uno che lavora per uno stadio moderno.
Un po’ sì.
Le spiego. Quello che è stato il calcio di una volta penso che sia irripetibile, perché sono cambiate certe condizioni.
Però…
Però alcuni valori sono imprescindibili. Sono quelli che rendono unico il movimento calcistico. La mia paura è che se si spersonalizza la passione dei tifosi, andare al cinema ha lo stesso valore che andare allo stadio. Io sono cresciuto col principio che la domenica la tua squadra che gioca non può essere barattata con nient’altro. Mi sento un traghettatore. Voglio mantenere i miei principi, ma in un contesto diverso. Quindi: sì al calcio moderno, ma fondato su quei valori che fanno parte della nostra tradizione.
La Roma sta andando in questa direzione, come dimostra l’adozione della tessera per le trasferte.
Ne sono orgogliosissimo. Dopo la Home (l’abbonamento per chi non era tesserato, ndr), la Away. Ho la stessa visione dei miei colleghi romanisti: il tifoso è al centro, viene prima di tutto, non come avviene in altre realtà. Questa Roma è già nel futuro.