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IL ROMANISTA Da vent’anni ogni giorno è Totti

Francesco Totti

(T. Cagnucci) – Din, don. Scocca e scorre il tempo. E’ il problena dei problemi per i filosofi. E degli scrittori e dei poeti. Un secondo o vent’anni. Un momento o tutta la vita. Marcel Proust ci andò alla sua ricerca in un libro fatto da novemilioniseicentonovemila caratteri (9.609.000), scritti in tremilasettecentoventiquattro (3.724) pagine. Totti è la postilla di Proust. Settemilatrecento (7.300) giorni di Roma. Vent’anni di Totti sono un tomo di vita. Vent’anni di un capolavoro, rischi di trovarci la sintesi fra filosofia e poesia, tra scrittura e matematica. Vent’anni del Dieci. Vent’anni alla ricerca di un tempo ritrovato in un tocco. In un lampo. Un lancio. Uno di prima. Uno di quelli fatti senza vedere. Paff bum. Gol. Totti. Una postilla. Un telegramma breve. Un messaggio morse con l’infinito. Venti anni sono una vita. La sua e la nostra. Non c’è stato un giorno della settimana, una giornata di un campionato, un mese che non sia stato accompagnato da un gol di Totti. Detto così sembra poesiuola dentro un quadernetto per teenager, invece è statistica: da lunedì a domenica, da gennaio a dicembre, dalla prima all’ultima giornata Totti ha segnato.

Almanacchi non del giorno dopo, ma degli anni prima e per quelli a venire. Il gol, il gesto, l’arte, l’abitudine all’effimero, il boato e la pressione della folla, il peso della rappresentatività per Totti sono quotidianeità, quella che ammazza tre quarti degli esseri umani. Totti per immaginarselo e capirlo meglio va inquadrato nel suo essere normale, nel suo tempo. Semplice. Un figlio del popolo come una volta lui stesso si definì. I suoi gol sono soprattutto il contrappunto di tutti ed è così ormai da due decenni, fra l’altro quelli che hanno attraversato un millennio. Quando Totti ha fatto il primo gol con la Roma c’erano le lire, i gettoni e non trovavi in giro i telefoni cellulari. Il record più romanista, quello della fedeltà, dei per sempre scritti a margine o sopra le righe dei quadernetti non solo da teenager, l’orgoglio che lui sente, significa proprio questo: Totti ha segnato letteralmente e metaforicamente i nostri giorni. Tutti, tecnicamente. Verità, non bla bla bla (se andiamo a cercare – alla ricerca del…- scopriremmo che ha segnato anche dalla mattina alla sera, dal tramonto all’alba e non c’entra la circolarità di Tarantino). C’è solo una licenza poetica – per via della materia che tratta – cioè quella doppietta fatta a 16 anni con la nazionale Under 18 venerdì 25 novembre 1994, per il resto è gol in ogni luogo e in ogni tempo, nei secoli dei secoli fedele. Di lunedì contro l’Inter con Zeman, il 17 giugno per il gol che ha l’oro in bocca dell’Estate della Roma, un 6 gennaio quando tira fuori dalla calzetta l’ultimo infinito dribbling col Toro, di martedì alla Gerland nella patria del suo personaggio preferito diventando lui Piccolo Principe di Lione, dopo essere stato di mercoledì Re nello stadio dei Re al Bernabeu di Madrid. Di luglio per l’Europa League. Di agosto per la Supercoppa, dandoci in ogni giornata il nostro pane quotidiano, dalla prima all’ultima, dal Bologna al Parma, tratteggiando come Cezanne parentesi tricolori. I giorni che ha segnato Totti sono i nostri. Per questo non è immaginabile la fine. È come il tempo. Che segna la nostra vita.

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