(D.Giannini) – Ci sono cose che spiegarle è pressoché impossibile, meglio vederle con i propri occhi. Perché come si fa a spiegare il “bello”? Ci sono cose che vanno ammirate e basta, come quel lancio di tacco di Totti col Parma o come la sua punizione che ha baciato palo e traversa, un “din don” che si è sentito ovunque, un risveglio dei sensi. Solo due esempi, due gemme dello sterminato campionario del capitano. Il moderno Re Mida anche lui investito da Dioniso del dono di trasformare in oro qualsiasi cosa tocchi. Nel suo caso qualsiasi tocco, quindi ogni pallone sfiorato. E la cosa strana, incomprensibile, è che con le migliaia di gioielli regalati al calcio in 20 anni di carriera non gliene sia stato reso almeno uno: il Pallone d’Oro.
Il riconoscimento che dal 1956 viene assegnato, in teoria, al miglior giocatore dell’anno. In teoria, perché a scorrere l’albo d’oro del trofeo organizzato fino al 2009 da France Football (dal 2010 è diventato un premio Fifa dopo la fusione con il “World Player of the Year”) di nomi che faticano ad essere affiancati a quello di Totti per classe, per colpi, per continuità e longevità calcistica ce ne sono parecchi. Il più citato in questi casi è quello di Matthias Sammer, che si aggiudicò l’edizione del 1996 precedendo (roba da matti) Ronaldo di qualche voto in virtù della vittoria dell’Europeo con la Germania. Ma Sammer non è l’unico vincitore un po’ stonato: ci sono anche Bjelanov e Papin. E c’è la meteora Michael Owen che nel 2001 arrivò davanti a Raul, Kahn, Beckham e, proprio lui, Francesco Totti. Che nell’anno dello scudetto ottenne il suo miglior piazzamento con quel quinto posto. Per lui prima e dopo classifiche quanto meno irriverenti: 14esimo nel 2000 (l’anno del cucchiaio all’Olanda), 18esimo nel 2003 (con gli stessi voti del turco Kahveci), decimo nel 2007 (nonostante la Scarpa d’oro e con un solo voto in più di Kanoutè). Tante altre volte non l’hanno neppure inserito nella lista dei migliori. Follia. Anche al netto del ragionamento, peraltro per nulla condiviso dalla quasi totalità dei tifosi, secondo il quale vince chi ha ottenuto successi con la proprie squadre di club o con le nazionali.
Il Totti di oggi, il Totti di questa stagione, è da Pallone d’Oro. E non per i 20 anni di emozioni calcistiche che ha già regalato e per i quali ne meriterebbe un altro, come fecero nel 1995 con Maradona quasi come risarcimento per un regolamento che lo escludeva dai candidati. Un risarcimento di quel tipo per Francesco, semmai, potrebbe arrivare quando smetterà di giocare. Un riconoscimento in più. Ora no, ora va giudicato per quello che è al momento: uno dei più grandi al mondo. Inserito in una ristretta cerchia di fenomeni che quando lui ha cominciato a illuminare iniziavano le elementari. Alla Fifa prendono in considerazione solo chi vince? Il Mondiale del 2006 non è bastato? E allora rotta sul Brasile. Prandelli in fin dei conti ha già aperto la strada.