(D. Galli) – Nel giorno della poesia, della celebrazione voluta, dovuta, amata, nell’anniversario degli anniversari, nella ventiquattrore del Santo Natale romanista, l’agenda non prevede variazioni sul tema. Il tema è il lavoro, il dacci oggi il nostro allenamento quotidiano, il tema è l’assoluta normalità del fenomeno paranormale. Già. Oggi, addì 28 marzo 2013, a venti anni esatti dal 28 marzo del debutto, di Brescia-Roma, dell’avvicendamento Rizzigo’-Tottigo’, Francesco non ha preparato nulla. Non è previsto nulla. È una data speciale, ma non è il giorno dell’addio, del preaddio, è un giorno come gli altri, come tanti altri ce ne saranno per l’uomo bionico, il talento sempreverde, il nostro Capitano.
Lo celebrerà al massimo la Roma. Che in verità lo sta facendo già da giorni sul proprio sito e che adesso potrebbe farlo anche fisicamente. Perché il punto è proprio questo. Tutta questa esaltazione non può che fargli piacere. È logica, purché però la facciano gli altri. Oggi Francesco si limiterà a ringraziare tutti per l’affetto. Stop. Altro non è previsto, da parte sua. Totti non ha infatti alcuna intenzione di smettere e il vero numero che conta – è un paradosso, ma è davvero aderente alla realtà – non è quello degli anni che sono trascorsi dal momento zero, ma quello degli anni che verranno. Giorgio Rossi, che per chi è romanista è la Roma, raccontava ieri a Rete Sport che i muscoli di Francesco potrebbero giocare a questi livelli ancora per un paio d’anni. Forse è poco. L’energia di Totti, lo sprint vitale, è certamente l’amore per questi colori che non è mai retorica ma quanto di più romanista e autentico possa esserci.
Però è anche da un’altra parte, è nella testa, Totti nel cervello ha soltanto la Roma e dei traguardi precisi. Uno su tutti. Piola. Nonostante ci sia qualche furbetto della statistica che dal trespolo aggiunge i gol di campionati di guerra senza gironi unici (si riprende dal 46/47), per raggiungere la cima della classifica dei marcatori di sempre della Serie A, dall’alto dei suoi 226 gol a Francesco ne servono altri 48. Dipende dalla media gol. Quella attuale è spaventosamente alta, per un ragazzetto di 36 anni: 0,42 a partita. Se riuscisse a mantenerla, al calciatore che ha indossato una sola maglia servirebbero altre tre stagioni per prendere l’attaccante che ha vestito le divise di mezza Serie A e in tempi di difese colabrodo, di MilanJuve e Triestina-Genova (e non Genoa) 3-4 o Torino-Bari 6-1. Era quasi il calcio degli albori, quello. Questo è invece il calcio di Totti. Il calcio di chi mai avrebbe pensato, nel momento preciso di quella sostituzione con un idolo della Sud d’allora, che il bimbo de orosarebbe diventato leggenda e che qualcuno vent’anni dopo avrebbe scritto interi giornali apposta per lui. Oggi si festeggia, si gode, si tracanna del puro tottismo brindando alla faccia di chi gli (ci) vuole male. Oggi è il Totti-day. Oggi, ma lo è anche domani e dopodomani. Oggi sono i suoi primi vent’anni, oggi diciamo grazie a mamma Fiorella e a papà Enzo. A condizione però di prepararsi ad ulteriori ringraziamenti. To be continued, non finisce certo qui questa eterna storia d’amore tra noi e Francesco, tra noi e quel dono di Dio che ha solcato stagioni, vinto lo scudetto, alzato coppe e baciato un’unica maglia. La sola possibile. Per noi. Per lui.