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IL ROMANISTA La tesi di Andreazzoli: “Calcio piazzato? Difendo a zona”

Aurelio Andreazzoli

(T. Cagnucci/ L. Pelosi) – Si chiama “La difesa a zona nelle situazioni di palla inattiva“. E’ il titolo della tesi di fine corso del Master di Coverciano, stagione 1998-99, per l’abilitazione ad allenatore professionista. Fu la migliore di tutte. Massimo dei voti e bacio accademico, quello che ogni giocatore della Roma sembra volergli dare, visto il rapporto che ha saputo creare con il gruppo. E oltre ai principi in base ai quali è meglio difendere a zona (concetto molto zemaniano) sui calci piazzati, il mister spiega come ottenere il consenso dei giocatori. Partendo dalla «lavagna», spiegando il perché delle scelte e chiedendo fiducia e tempo per verificare la bontà dei metodi. Già verificata, peraltro: dopo la prima partita contro la Sampdoria, la Roma di Andreazzoli non ha più preso gol su palla inattiva. A parte il rigore di Borriello, ma contro i rigori non si può certo organizzare una difesa. Il concetto di partenza di Andreazzoli è facile: una palla inattiva ha due possibilità di entrare in rete, o direttamente senza che nessuno possa intervenire o con deviazioni sulla traiettoria. E il lavoro del mister si concentra proprio su ciò che avviene durante la traeittoria. Spazi, tempi, disposizione dei calciatori. E molto altro. Una lettura da non perdere per ogni appassionato di calcio. Lode a te, Aurelio Andreazzoli.

I PERCHE’ DELLA MIA SCELTA: ZONA TOTALE “E’ importante e necessario avere delle convinzioni nelle scelte tattiche che si vanno a proporre, ma credo che queste assumeranno valore se si dimostreranno basate su delle logiche chec la tecnica calcistica recita in merito”. (F. Ferrari, corso allenatori seconda categoria 1991) Vediamo quali sono i principi generali ai quali la tecnica calcistica si ispira per usarli poi se necessario come riferimento critico rispetto alle varie situazioni che verranno analizzate. A – Principi della tecnica applicata di non possesso

1-Presa di posizione Porsi come condizione iniziale tra l’avversario e la porta ma, se superati, ricercare la posizione verso la porta.

2-Marcamento Può essere fisso in “uno contro uno” oppure a zona.

3-Intercettamento Può essere in presenza di un avversario o non ma di certo in relazione alle traiettorie della palla.

4-Contrasto Ha per scopo il portar via la palla all’avversario o l’allontanamento di questa dalla porta oppure mettere in zona d’ombra l’avversario.

5-Difesa della porta Prevede la cura delle posizioni rispetto alla porta a seconda della posizione della palla e del comportamento del portiere

 

B – Principi della tattica di non possesso

1-Mantenimento dell’equilibrio difensivo Mantenere la copertura in ogni circostanza; più rigidi diventano i compiti di marcatura a uomo e più è probabile che la difesa perda il proprio equilibrio; coprire lo spazio è più importante che marcare i giocatori.

2-Scaglionamento Occorre avere una copertura reciproca con l’intento di restringere gli spazi attraverso i quali e dentro i quali i giocatori avversari possono muoversi con sicurezza. I difendenti non solo devono marcare il proprio avversario ma devono coprire anche gli spazi dei quali è responsabile l’intera difesa.

3-Concentrazione Si intende una chiusura a “imbuto”, man mano che ci si avvicina alla porta la squadra si chiude restringendo gli spazi davanti a questa per coprire la zona centrale che è sempre quella più pericolosa.

4-Azione ritardatrice Far perdere tempo alla squadra avversaria così da avvantaggiare la propria organizzazione

5-Controllo e limitazioneConsapevolezza dei rischi (continua valutazione e analisi degli errori) e delle priorità (porta – compagni – palla – avversari). Mi sembra chiaro che questo elenco “inviti” più ad avere una propria identità e fare delle scelte rivolte alla propria organizazione che non a mettersi nella condizione di dipendere dal comportamento avversario. Si tratta infatti di spazi, di traiettorie, di posizioni, di coperture, di porta, di palla, di organizzazione, di equilibrio, di priorità, di consapevolezza e anche di avversario ma inteso più come conseguenza. E’ per questi motivi che io credo sia molto più importante e conveniente, tenendo chiari i principi, concentrarsi su ciò che si può migliorare

rivolgendo l’attenzione alla verifica dei propri difetti e alla loro correzione. Una palla inattiva ha due possibilità per entrare in rete dopo essere stata calciata: la prima direttamente senza che nessuno possa intervenire o abbia la possibilità di farlo, la seconda dopo che, durante la sua traiettoria, qualcuno le imponga una deviazione. Ma in ogni caso il pallone (che è uno solo) nella traiettoria che disegnerà dal suo punto di partenza rispetto alla porta dovrà attraversare uno spazio. Tutto questo indipendentemente dal numero e dal comportamento degli avversari che non sono da sottovalutare, ma che non sono da porre neppure come primo problema da risolvere. E’ su queste componenti e sulle interpretazioni che verranno date loro che si basa l’analisi delle varie situazioni che si possono sviluppare da palla ferma.

IL CONSENSO DEL GRUPPO Per ottenerlo, da un gruppo numeroso e variegato, come può essere una squadra di calcio, occorre essere molto convincenti e spesso non basta perché le pur logiche proposte, affinché possano diventare importanti, avrebbero bisogno di un immediato riscontro pratico e noi sappiamo quanto sia difficile in questo sport avere certezze anche a lunga scadenza. Le esperienze vissute, le convinzioni dettate o maturate nel tempo, le convenienze personali, la diffidenza nei confronti del nuovo e spesso anche l’ignotanza, pongono i giocatori verso ciò che appare inusuale, in un atteggiamento che è di diffidenza e quindi di critica preconcetta. E’ per limitare questi problemi o, quantomeno, per predisporli a un’analisi più approfondita che non si può fare a meno del consenso e, per cercare di ottenerlo, occorre rifarci al principio della consapevolezza attraverso il quale si rende cosciente il gruppo dei fini che si vogliono conseguire. E’ alla lavagna, in ambiente favorevole alla concentrazione, che si comincia ad evidenziare i principi verso i quali l’allenatore orienta le scelte, motivandoli, criticando gli aspetti negativi che li rendono inefficaci, puntualizzando quelli che li esaltano e, infine, chiedendo fiducia e tempo. Fiducia che si basa sulle esperienze vissute e tempo per verificare che i risultati derivanti dalle metodiche di allenamento prima e dalle gare poi dimostrino la loro bontà.

ANALISI DELLE VARIE SITUAZIONI CALCIO D’ANGOLO In qualsiasi momento, fino a quando il possesso del pallone è gestito dall’avversario, si è sottoposti a rischi che possono risultare maggiori o minori a seconda della porzione di campo dove la palla si trova, della nostra disposizione e anche di quella dell’avversario. Se pensiamo a un calcio d’angolo contro e immaginiamo le possibili traiettorie disegnate dalla palla, credo ci troveremo concordi nel definirne alcune con un grado di pericolosità superiore alle altre. Per esempio, se il pallone cadesse 20 metri fuori dall’area di rigore saremmo nella condizione di determinare un certo valore di rischio che risulterà però certamente inferiore a quello di un secondo pallone che invece cadese in zona E (vedi figura 1). Il ragionamento avrebbe la stessa valenza se mettessimo a confronto la zona F con la B, oppure altre. Ciò che ho detto può apparire banale e scontato ma, credo, serva per comprendere quanto sia necessario, a seconda della vicinanza alla porta, assegnare delle priorità sia agli spazi che alla distribuzione del numero dei giocatori che non deve essere equa (superficie dell’area di rigore: numero dei giocatori che difendono) ma logica rispetto alle difficoltà presunte. La scelta del numero di giocatori, delle loro caratteristiche e delle conseguenti posizioni che dovranno assumere, risulteranno quindi direttamente proprozionali all’oggettivo valore di pericolosità riconosciuto ad ogni zona e saranno eventualmente suscettibili di modifiche a seconda delle conosciute abitudini tattiche dell’avversario.

Le varie zone La figura 1 schematizza con una visione globale la mia personale interpretazione delle zone che hanno bisogno di una particolare cura all’interno dell’area di rigore. Le successive analisi particolareggiate delle figure 2-3-4-5-6-7-8 entrano in ognuna di esse nel tentativo di evidenziarne le peculiarità e cercando di risaltarne le differenze. Nel caso di un calcio d’angolo dalla sinistra della difesa le zone prendono la seguente denominazione:

Zona A: uno spazio di circa 30 metri quadrati situato tra il primo palo e il limite dell’area di porta. (figura 2) E’ una porzione di campo estremamente delicata perché è ormai consuetudine per quasi tutte le squadre calciare traiettorie veloci sul primo palo. La zona viene sfruttata da parte di chi attacca per chiudere l’azione in anticipo eludendo così l’intervento del portiere. Il giocatore numero 4 non deve far entrare la palla veloce e deve essere sempre in anticipo sull’eventuale “spizzicatore”.

Zona B: è la superificie compresa tra la porta e il limite dell’area di porta (figura 3). E’ quella entro la quale lavora il portiere e che deve essere garantito sulle traiettorie veloci dagli uomini numero 4, 2 e 5 con azione di anticipo. All’interno di questo spazio non entrano difensori neppure in presenza di avversari perché risulterebbero di ulteriore disturbo alla libertà di azione del portiere. Il giocatore numero 3 copre la porta sul secondo palo.

Zona C: è lo spazio tra il secondo palo e il limite dell’area di porta che si allunga in verticale verso il centro area di rigore (fig. 4). E’ raro che venga cercata con un calcio diretto e il motivo è che andrebbe perseguita con traiettorie morbide che in genere favoriscono i difensori e particolarmente i portiere. Spesso però la palla vi giunge perché sporcata da deviazioni e in questo caso diventa micidiale per le difese. Occorre quindi presidiarla con la massima attenzione e il giocatore responsabile è l’unico che deve agire a 360 gradi e con particolare equilibrio sulle scelte da attuare.

Zona D: è un piccolo spazio che si allunga in verticale dalla zona A verso il centro dell’area di rigore (fig. 5). Vale quanto detto per la zona A in relazione alle palle veloci da “togliere” alla zona E. Inoltre, come vedremo in seguito, il giocatore numero 7 ha diretta responsabilità tattica quando avviene una battuta in coppia dal calcio d’angolo. Zona E: è uno spazio centrale a forma di imbuto che dal limite dell’area di porta si estende verso il limite dell’area di rigore (fig. 6). Questa porzione di area di rigore risulta pericolosissima per chi difende in virtù del fatto che è in posizione centrale, è relativamente vicina alla porta, è ampia ed è generalmente attaccata da parte di chi ha peso, statura e spiccate capacità tra i giocatori avversari.

Zona F: è lo spazio che comprende il limite dell’area di rigore e la lunetta (fig. 7). E’ una zona da curare in modo particolare sotto l’aspetto tattico. Ci deve permettere innanzitutto di evitare giocate da schema per il tiro da fuori area, successivamente ad eventuali respinte lunghe, come punto di partenza per la pressione sulla palla, oppure dopo rimbalzi corti. A: posizione di 11 prima della battuta B: posizione a battuta avvenuta La figura 8 ci offre la visione di un’area di rigore nel suo insieme nella quale sono rappresentati tutti e 11 i calciatori schierati nelle posizioni analizzate precedentemente in maniera schematica.

PERCHE’ TUTTI E 11? Dopo quello che ho sostenuto fino ad ora la risposta mi pare ovvia e credo anche logica. Dal momento che parlo di spazi e di traiettorie, viene naturale pensare che, per meglio occuparli e meglio intercettare la palla, ci sia bisogno del maggior numero possibile di uomini. E’ logico, anche nel rispetto della priorità, che bisogna assegnare al pericolo di subire una rete (grande) nei confronti invece della possibilità di andare a segno dopo aver subito un calcio d’angolo (ridotto). Una delle obiezioni potrebbe essere che questa partecipazione totale risulti un invito per gli avversari che faranno così partecipare un maggior numero di giocatori alla ricerca della palla traendone vantaggio. Io penso invece che questa ulteriore partecipazione possa risultare sfaovrevole a chi esegue la battuta perché lo porrebbe nella condizione di aggravare il proprio già precario equilibrio difensivo se, successivamente alla perdita del possesso, dovesse subire un attacco a spazi necessariamente mal presidiati. Le eccezioni alla completa partecipazione della squadra sono consigliabili nei finali di gara, quando il risultato è ormai sfavorevole e la squadra avversaria rinuncia palesemente alla normale partecipazione. (1-continua)

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