(T. Carmellini) – Capolinea! Finisce a Palermo la rincorsa della Roma, l’illusione che bastasse cambiare allenatore per rimettere in piedi una stagione maledetta. Contro l’ultima in classifica, una squadra che non vinceva dal 24 novembre scorso, la Roma dimostra i suoi limiti e torna a far acqua da tutte le parti: seconda sconfitta (meritatissima: anche un palo e una traversa del Palermo) della gestione Andreazzoli, la prima vera perché a Genova con la Samp aveva l’alibi di aver preso la squadra in mano da pochi giorni.
Stavolta invece c’è anche lui sul banco degli imputati: anzi, soprattutto lui. Male tutti, a partire proprio dal tecnico che sbaglia clamorosamente formazione (a onor del vero va detto che lo fa per la prima volta da quando siede sulla panchina giallorossa), ufficializza di fatto l’addio di Osvaldo a fine stagione (che ovviamente rimedia un giallo e salterà il derby di lunedì prossimo) ostinandosi a giocare senza una punta «vera» di riferimento. Un clamoroso passo indietro rispetto a quanto visto prima della sosta per le nazionali che alla Roma, storicamente, non ha mai fatto bene. Una sorta di involuzione tattica che ha rianimato una squadra già data per spacciata e che ha fatto diventare la sfida contro la Roma la «partita della vita».
Tra i giallorossi difficile trovare una sufficienza, così come definire un peggiore: il voto collettivo è bassissimo, anche Totti, in genere fonte di ispirazione della manovra giallossa, ha faticato più del previsto. Scomparsi in un colpo solo i segnali di miglioramento fatti intravedere da De Rossi prima della sosta e anche in nazionale, così come Perrotta per il quale Andreazzoli aveva anche ipotizzato un rinnovo contrattuale: ieri sembrava che il pallone per lui avesse le spine.
Tacthsidis è tornato in un nanosecondo quello che aveva fatto imbufalire la capitale giallorossa nell’era Zeman. Burdisso salva prima un gol ma poi si fa anticipare da Miccoli sul gol del raddoppio come un novellino: e nel complesso non è mai in partita. Per non parlare di Piris (unico alibi quello di esser tornato dall’altra parte del mondo solo l’altro ieri: ammonito anche lui salterà il derby), per concludere con Marquinho: evanescente, spinge abbastanza ma sbaglia clamorosamente almeno due grandi occasioni. Florenzi? Anche lui poca roba. Dulcis in fundo Stekelenburg, per il quale Palermo non sarà certamente una città da ricordare. Bene solo Pjanic, entrato nella ripresa, che ha provato, inutilmente, a dare un senso a questa Roma.
Ma la delusione maggiore è proprio il collettivo, perché se una squadra arrivata a questo punto della stagione, dopo aver passato tutto quello che ha passato, non capisce che non può sbagliare una partita come quella a Palermo, beh forse non merita di poter giocare in Europa la prossima stagione. E non è questa certo la condizione migliore per avvicinarsi al derby contro la Lazio che torna ad essere, tristemente, una partita che può dare un senso all’annata. Forse, coppa Italia a parte, l’unica… Davvero poca roba per una squadra che vuole pensare in grande.