(F. Maccheroni) –Tanta sofferenza, ma anche poesia. Perché è poesia vedere che è De Rossi a offrire al capitano, a Francesco Totti il rigore dell’aggancio a Nordhal. È poesia vedere un ragazzo di 18 anni compiuti a gennaio che entra per la prima volta da titolare in difesa e svetta in attacco, su calcio d’angolo e dà una zuccata agli spettri. È poesia vedere Perrotta che entra per lo sciagurato Osvaldo e fa gol. È poesia vedere Andreazzoli che esce dal letargo e mette a segno tre vittorie (e mezza) e regala alla Roma un passetto verso l’Europa, quella piccola, ma che dà un senso a una stagione senza senso. Non sarà l’allenatore del futuro, ma è sicuramente la scelta migliore fatta dalla società in due stagioni di allenatori senza né capo né coda. Roma settima, quindi, dopo un 3-1 sofferto, con gli abbracci di gente semplice, stanca di niente e quasi felice di un risultato semplice. Non c’è poesia dall’altra parte del ponte, dove si parla di arbitri, anche giustamente, ma bisognerebbe parlare anche di altre cose.