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SPORT Addio a Pietro Mennea, il figlio del vento che insegnò a correre all’Italia

Mennea
Mennea

La notizia della morte prematura di Pietro Mennea ha scosso l’intero mondo dello sport italiano e non solo; l’atleta pugliese è stato infatti un vero e proprio simbolo della rinascita dell’Atletica leggera nostrana, in un momento storico in cui lo straportere degli Stati Uniti in tali discipline si faceva sotto.

Mennea era nato a Barletta il 28 giugno 1952, cresce in una famiglia umile che però punta molto su di lui, tanto da sostenerlo fino al raggiungimento della Laurea in Scienze Politiche. I suoi studi proseguiranno in seguito, visto che la sua volontà di apprendere lo portò anche al conseguire il titolo in Scienze Motorie, Lettere e Giurisprudenza. Negli anni ’70 la sua carriera da corridore conobbe vari successi. Negli Europei del 1974 a Roma conquistò la medaglia d’oro nei 200 metri e l’argento invece nei 100, battuto dal rivale storico Borzov. Mennea fu anche l’uomo dei record, visto che alle Universiadi di Messico ’79 stabilì il primato mondiale nei 200 metri piani con il tempo di 19” 72, record che fu eguagliato solo 17 anni dopo da un certo Michael Johnson.

Il grande successo di questo strepitoso atleta arrivò alle Olimpiadi di Mosca del 1980, celebri per l’assenza di partecipanti statunitensi visto il boicottaggio per le questioni politiche. Mennea strappò l’oro sui 200 in una finale emozionantissima, vinta al fotofinsh contro il britannico Wells. Mentre nel 1983 stabilì anche il record mondiale, tutt’ora imbattuto, sulla distanza dei 150 metri piani, nel meeting di Cassino col tempo di 14”35.

Resta storica la sua andatura di corsa lenta in partenza, a mò di diesel, per poi raggiungere velocità impressionanti in progressione, un pò come fu per un altro grande campione come Carl Lewis qualche anno dopo. Mennea, insignito anche di vari riconoscimenti dal Presidente della Repubblica, ha abbonandonato le piste dopo le Olimpiadi dell’88 a Seul ed ha deciso di intraprendere vari mestieri, entrando persino a far parte del Parlamento Europeo nel 2003 con i Democratici di Prodi.

Ci ha lasciato stamane, sconfitto da una malattia ancora purtroppo invincibile ed insostenibile; neanche lui, vecchio figlio del vento, è riuscito a scappare dal destino malevolo. Ma per il tutto lo sport italiano rimarrà sempre l’immagine del magro ed agile ragazzotto del sud capace di vincere quell’oro a Mosca sotto gli occhi estasiati del mondo intero.

 

Keivan Karimi

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