Ci vuole la Roma migliore e Roma migliore sarà. Bastano due secondi per capirlo, quando De Rossi si avventa in tackle feroce sull’avversario.
Basta un tempo per sotterrare il cranio di Iachini nel suo berretto. Manca solo il bandoneon, lo strumento del tango. I tangueros ci sono, Lamela e Osvaldo trasformano l’erba dell’Olimpico in uno struggente pavimento per milonghe. Totti non è argentino, lui è qualsiasi cosa. Un anticipo secco del mitico americano, pulito e rabbioso allo stesso tempo, è il manifesto della Roma che vorremmo. E’ il miglior Balzaretti della stagione. E anche il miglior De Rossi, ma gli manca il tempo per farlo sapere.
Osvaldo fa di tutto, tre gol e un palo sono “di tutto”, per trasformare l’acqua in vino, i fischi in applausi, ma il miracolo gli riesce solo a metà. Stadio infelicemente spaccato sul suo nome. E rabbia davanti all’oceano. Davanti a tanto oceanico autolesionismo.
L’Osvaldo furioso va recuperato, a costo di sistemare una camera e cucina per la fidanzata a Trigoria. Una società forte se ne infischia dei cosiddetti umori della piazza. C’è una povertà gregaria che fa paura in questa persistenza dei fischi, che poi non sono fischi ma belati. Inventatevi il libero arbitrio almeno allo stadio, ragazzi. Osvaldo va fischiato quando sfila il pallone a Totti o fa il molle lumacone offeso, ma ieri andava solo osannato. Cosa siamo noi per applicare una sentenza definitiva, un branco di Torquemada da strapazzo, senza nemmeno l’alibi di una perversione superiore? Scagliare pietre, fischi e sputi ci fa stare meglio? Possibile non avvertiate il tanfo di certi linciaggi collettivi? E poi, a essere brutalmente pragmatici, ce ne sono in giro di migliori del nostro Osvaldo furioso? A Roma c’è uno solo che può sanare la questione in un istante con due parole. Si chiama Francesco Totti.
Fonte: Corriere Dello Sport