Ha lanciato un gesto, breve quanto il verso di una poesia giapponese e altrettanto sommesso. La spolverata di tifosi della Roma appesi all’imbuto tra curva e tribuna non ha neppure veduto svolazzare quello stretto fruscio della mano di Pablo Daniel Osvaldo. Il quale poi si è infilato nel sentiero che porta agli spogliatoi, senza mescolarsi al resto della squadra che passeggiava sotto i sostenitori.
Quei tifosi lo avevano leggermente fischiato all’inizio della partita. Lui segna, fa il passo a ritroso di Michael Jackson e gli altri lo inseguono e ciascuno festeggia come se avesse segnato il proprio figlio. Forse è proprio così che considerano Osvaldo: il figlio che nessuno vorrebbe avere.
«Invece la Roma lo ha voluto e continua a volerlo», sostiene il direttore sportivo Walter Sabatini. Il vero problema con Osvaldo è che ondeggia ignavo per il campo, trascinandosi la faccia di chi sta aspettando un dentista in ritardo, quando spiove un pallone sembra pensare oddio che fatica, adesso mi tocca stopparlo. E si lamenta di volere sempre il lancio in un punto diverso da quello in cui il compagno l’ha fatto rotolare. Ma poi vede qualcosa, gli passa per la testa un pensiero stupendo. Si alza, resta in aria, plana. Il pallone è in rete prima ancora di apparire agli avversari. Così è andata ieri, così non gli accadeva dal 27 gennaio, Bologna-Roma 3-3.
Fonte: Corriere Dello Sport