Dopo ventisette mesi i giallorossi stanno davanti alla Lazio in classifica. E’ il paradosso di una giornata di lacrime e sudore. Sudore solo per il caldo all’inizio, poi anche per la fatica. La Roma si è appisolata all’odore della primavera e poi si è scagliata contro se stessa, contro la propria pigrizia congenita e contro il Pescara. Correndo, gridando. Fino a sfiatarsi e a sgolarsi.
Esaltazione e applausi, scoramento e ancora applausi. La Roma si tuffava nelle acque torbide della difesa pescarese e non raccoglieva niente come un setaccio difettoso. La squadra si arrotolava e si distendeva dal 4-3-3 al 3-5-2 fino al 2-8 dell’arrembaggio un po’ insensato e un po’ inevitabile del finale di partita. Il pubblico era sempre lì compatto, senza cambiare schema, Roma-Roma e applausi alla squadra e ruggiti contro l’arbitro e contro gli avversari che seminavano minuti a ogni interruzione. Non si sono mai stancati di sostenere Totti e gli altri, neppure quando Totti colpiva male e gli altri ricevevano peggio. Per liberare frustrazione e fischi hanno atteso la fine della partita, il crollo della speranza. Sarebbe interessante avere giocatori con il carattere del loro pubblico. Convinti di sé, amanti della maglia e di coloro che la inzuppano. I fan della Roma sanno distinguere.
Fonte: Corriere Dello Sport