(L. Valdiserri) – Le opinioni sono tutte lecite, anche e soprattutto quando si parla di Roma: c’è ad esempio chi rimpiange terribilmente Zeman, chi la vecchia dirigenza e chi pensa invece che i problemi attuali nascano proprio dal passato recentissimo o recente. Poi, però, ci sono i fatti e non è in alcun modo interpretabile che il Pescara venisse da otto sconfitte consecutive e che nelle 13 partite precedenti del girone di ritorno avesse conquistato un solo punto, fuori casa contro il Palermo, il 10 febbraio scorso. Una squadra praticamente retrocessa, insomma, che sta provando a chiudere la stagione sperimentando quei giocatori (tipo Rizzo o Sforzini) che potrebbero risultare utili nel prossimo campionato per provare a ritornare in serie A. Contro quest’avversario la Roma è riuscita a pareggiare in casa, riaprendo per l’ennesima volta il discorso sulla sua eterna mancanza di maturità.
I giallorossi hanno persino sfiorato il doppio miracolo al contrario quandoFederico Di Francesco, classe 1994, figlio di Eusebio allenatore del Sassuolo e campione d’Italia romanista nel 2001, si è presentato solo davanti a Stekelenburg al 41’ della ripresa: ha cercato un pallonetto che il portiere olandese ha salvato grazie ai suoi 194 centimetri di altezza. Poteva essere il 2-1, che avrebbe impedito anche l’unica, minima, consolazione della giornata per i romanisti: il sorpasso in classifica sulla Lazio che mancava dal 23 gennaio 2011. Ma chi non si accontenta con poco (o pochissimo) fa notare che i giallorossi sono di nuovo dietro all’Inter più scassata della storia recente, quella eliminata in semifinale di Coppa Italia mercoledì scorso. Il direttore sportivo Walter Sabatini ha sintetizzato: «È una squadra con una malattia endemica ».
È anche vero che aver cambiato tre allenatori in due stagioni e cercarne un quarto per la prossima assomiglia di più a un esorcismo che a una cura. Aurelio Andreazzoli, che alla vigilia aveva cercato in tutti i modi di non parlare della finale di Coppa Italia, a fine gara era il ritratto della delusione: «Sono amareggiato. Mai avrei pensato di trovarmi a commentare questo risultato. Ho provato in tutti i modi, nei giorni scorsi, di tenere alta la tensione della squadra ». Non ci è riuscito nemmeno con cinque attaccanti nella ripresa.
La mancata concessione di due possibili rigori (Zanon su Destro e Cosic su Osvaldo) può fare rabbia ma non spiega come mai non siano bastati 30 punti di distacco in classifica per arrivare alla vittoria. Osvaldo si è confermato corpo estraneo, Lamela è incappato in una giornata nera,Pjanic è sembrato fisicamente impresentabile. Non è bastato Destro che, entrato nella ripresa, ha segnato un altro gol dopo la doppietta contro l’Inter. Il gol divorato da Sforzini dopo un minuto e il corner battuto da Piris mandando la palla direttamente fuori sono stati i simboli della gara: la Roma non aveva né la testa né i piedi giusti per battere l’ultima squadra in classifica.