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DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci

Totti Lamela

Lampi, come quelli del sole che batte sullo scomodo Olimpico torinese, in una giornata più da fine campionato di quanto sembri: blandi riscaldamenti a bordo campo, pacche e sorrisi tra avversari. Più che nel ritmo, l’agonismo è sin dall’inizio nei fischi contro Balzaretti e poi dal cinquantatreesimo in poi in quelli contro Totti, chiamato in causa dalla caviglia di Pjanic più che dalle intenzioni di Andreazzoli. La capocciata di Osvaldo da est a ovest fa zero a uno in men che non si dica, quasi fosse il preannuncio di una strada spianata. Così non è e la Roma ci mette del suo per inventarsi qualche dosso durante il tragitto dei novanta minuti: Burdisso, un pochino Castan e un ritarduccio di Stekelenburg in uscita comunque disperata fanno ad esempio fare un figurine a Capitan Bianchi, anche per la silhouette mostrata in stile Balotelli in occasione del tragicomico uno a uno. Il tempo, inteso come prima frazione di gioco, trascorre sulla scia delle motivazioni (anche balistiche) di Cerci che fa pesare gli anni sulle spalle e i quadricipiti di Balzaretti e che all’ottantesimo lo porterà al congedo anticipato deciso da Romeo. Nel frattempo, il lampo di Lamela è un compasso sinistro, inteso come aggettivo riferito sia al piede che all’effetto della conclusione sull’ipnotizzato Gillet. La cosa si fa più divertente nell’ultima mezzora, tra tentativi vari, spazi più larghi e ricerca di gloria personale. Florenzi, subentrato a Perrotta, giganteggia per un errore sotto porta e per un salvataggio quasi dentro la sua; Osvaldo la finisce quasi passeggiando, dopo quattro di recupero e di assalti di un Toro monocorde arrivano i tre punti e l’eco del tabellone, che ratifica lo sgretolamento progressivo dell’Inter: indicazione utile sia in vista di mercoledì che in chiave classifica, viste le velleità residue e qualche scorcio di sereno verso un orizzonte europeo di secondo piano. Da rivedere, qualcosina dietro. Da rigodere, si spera, tutto ciò che in tanti possono fare lì davanti, se ne hanno voglia. Hai visto mai.

Paolo Marcacci

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