(R. Palombo) – Dice íl sindaco Alemanno di «essere sconcertato per quello che è avvenuto» e che «sembra quasi ci sia una maledizione».Eppure non si è trattato di una di quelle nevicate che mettono in ginocchio Roma perché accadono una volta ogni vent’anni. È stata piuttosto una normale serata di ordinaria follia, di quelle cui il calcio capitolino, o meglio ciò che vi ruota intorno, ci ha abituato da una vita. Se fa sorridere, ma può capitare, che venti centimetri provochino la paralisi di una città impreparata a quasi tutto, non fa ridere la constatazione che a forza di accoltellamenti siamo arrivati a poco meno di una settantina solo negli ultimi sei anni. Sempre la stessa storia, rispetto alla quale, caro Sindaco, una sola cosa è certa: è vietato stupirsi.
L’assuefazione a questo fenomeno tipicamente romano, che ultimamente ha registrato qualche pessimo segnale d’emulazione nella città di Napoli, è tale per cui le coltellate hanno cambiato nome, e sono diventate«puncicate». Un termine gergale e quasi affettuoso, perché la coltellata fa un brutto effetto, ma che cosa vuoi che sia una puncicata. Un gluteo, una coscia in cui affondare — a condizione di non sbagliare mira e andare a pizzicare l’arteria femorale, cosa che anni addietro nei dintorni dell’Olimpico mandò quasi al creatore un tifoso della Juventus — è facile immaginare che per certi menti deboli questo sia diventato una specie di concorso a premi. Quasi che collezionare puncicate sia motivo di orgoglio. Alemanno dice che Roma e Lazio «devono fare una riflessione più profonda…per avere un rapporto positivo e costruttivo con il tifo». Noi crediamo che si, la Roma farà bene a domandarsi se assecondare la curva «contro» la tessera del tifoso sia stata una buona idea, e la Lazio potrà chiedersi se al di là delle iniziali prese di distanza di Lotito da certa teppaglia, sia stato fatto davvero abbastanza per rendere diversa una curva troppe volte colpevole in Italia e in Europa. Ma crediamo soprattutto che i Daspo allontanano per un po’ (sempre meno, per la verità) dallo stadio, ma non dalle piazze e dalle strade dove si consumano questi misfatti. E che quelle poche centinaia di individui capaci di mettere a ferro e fuoco interi quartieri hanno, nella larghissima maggioranza e in particolare a Roma, un nome, un cognome, un indirizzo e magari pure un numero di telefono. Alemanno, o quantomeno chi per lui governa l’ordine pubblico nella Capitale, questa cosa la sa benissimo. E sa anche, o almeno dovrebbe sapere, che la misura è colma. È ora di porvi rimedio. Altrimenti alla prossima puncicata andata a male, a Roma ci scappa il morto.