(M. Cecchini) – In una Capitale calcistica che ormai sembra vivere solo per il derby nella finale di Coppa Italia, l’unica consolazione per l’universo giallorosso ha un sapore strettamente da Grande Raccordo Anulare: dopo 27 mesi e 87 turni di campionato la Roma torna davanti alla Lazio. Non succedeva dal 23 gennaio 2011. Difficile, però, che qualcuno possa consolarsi, perché il vero senso calcistico dell’«impresa» è invece fotografato dall’uragano di fischi che hanno subissato alla fine la squadra di Andreazzoli. Fischi meritatissimi, perché l’1-1 casalingo col Pescara, sancito dalle reti dell’ex Caprari e di Destro, non ha giustificazione, visto che gli abruzzesi — virtualmente retrocessi — incassano appena il 2˚ punto in tutto il girone di ritorno, mentre i giallorossi inseguono l’Europa. E l’ennesimo passo falso con l’ultima in classifica (era successo già a Palermo) vale lo slittamento al 6˚ posto.
Destro 10 Nei primi 15’ a giocare per il vertice sembra il Pescara, tant’è che in questo lasso di tempo sciupa un gol col Sforzini solo davanti aStekelenburg, impegna l’olandese con Zanon e infine va in vantaggio con l’ex Caprari (14’), che ribatte in rete di testa una respinta imperfetta del portiere su tiro di Cascione. Insomma, il 4-2-3-1 di Bucchi — con Togni a a smistare il gioco, Cascione a dare fastidio alle impostazioni di De Rossi, Celik a far soffrire l’adattato (a sinistra) Torosidis e l’ex Pelizzoli a parare ciò che serve — dimostra di saper fare respirare la difesa, alternando ripartenze e abbassamenti di ritmo, non appena il risultato diventa conveniente. La Roma, perciò, si innervosisce subito e—cominciando una polemica con l’arbitro Massa che durerà tutto il match (avendo ragione forse solo una volta per un possibile rigore su Osvaldo nella ripresa) — inizia a macinare qualche palla decente solo quando abbandona il 4-3-3, piazzando Florenzi dietro le punte per dare vita a un 4-2-3-1 che nel secondo tempi si trasformerà in 4-3-1-2 non appena l’azzurro lascerà il posto aDestro, cedendo la posizione di trequartista a Totti. A quel punto, però, la squadra di Bucchi avrà già alzato un duttile 4-4-1-1 (con Modesto in mediana grazie all’innesto di Balzano), reso pericoloso col baby Di Francesco, figlio dell’ex giallorosso ora tecnico del Sassuolo. Morale: l’attento Pelizzoli deve fare solo due vere parate: nel primo tempo su Florenzi e nella ripresa su De Rossi, tanto che il gol del pari di Destro arriva solo su un pasticcio di Cosic, che consente allo stesso De Rossi di rubar palla e fare l’assist sotto porta per l’attaccante, giunto al 10˚ gol stagionale.
Lamela e Osvaldo flop L’assalto finale con 5 punte in campo (entra anche Lopez), è perciò più velleitario che potente, tanto che il Pescara — complici le disattenzioni romaniste — si rende persino pericoloso due volte con Sforzini e Di Francesco. D’altronde, con Pjanic ai minimi storici, Lamela e Osvaldo a spina staccata e Totti poco ispirato, la Roma finisce per insistere troppo con gioco aereo e percussioni di fascia a basso ritmo e scarna qualità. I 17 corner finali, perciò, non bastano per arginare né i fischi né i rimpianti per un 21 aprile che per la Roma, più che la celebrazione del Natale della Fondazione, sembra essere un Venerdì Santo.