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GAZZETTA DELLO SPORT Zeman vista Inter: “Moratti è come me non potrei dirgli di no. Deluso dalla Roma”

Zeman

(A.Di Caro) – «L’ho amata più di ogni altra, e sono rimasto deluso. La verità è che ho sempre anteposto i suoi interessi ai miei. Perché tutto quello che ho fatto e detto, io l’ho fatto e detto per il suo bene». Zdenek Zeman parla da amante tradito, e la ferita è ancora aperta. Ma Chiara, sua moglie da quasi 40 anni, non c’entra e non deve neanche preoccuparsi. L’oggetto della malinconia che a tratti diventa rabbia, bisogno di spiegare e di spiegarsi, e infine sfocia in voglia di rivincita è solo la “sua” Roma. «Perché io — ci tiene a ripeterlo — sono ancora allenatore della Roma», quasi a non voler spezzare il filo di una storia che dal 1997 a oggi ha avuto tanti capitoli, in campo e fuori. A distanza di quasi tre mesi dall’esonero più amaro, Zeman torna a parlare: passato presente e futuro, mondo giallorosso e calcio italiano, polemiche vecchi fantasmi e nuovi sogni. Con un occhiolino strizzato all’Inter di Moratti.

Zeman, a freddo, cosa è mancato alla sua Roma?

«L’unità di intenti in campo e fuori. Quella compattezza figlia di disciplina, regole da rispettare, spirito di sacrificio, voglia di applicarsi sempre e credere in ciò che si fa».

Cosa le ha lasciato questa esperienza?

«Tanta amarezza per come è finita, ma anche alcune soddisfazioni. La Roma a detta di tutti ha giocato in certe partite il calcio migliore in Italia. A dicembre abbiamo battuto 4-2 in casa Fiorentina e Milan regalando spettacolo. Partite che potevano finire con punteggi ben più larghi. Quattro gol al Milan oltre a noi li ha segnati solo il Barcellona. E nessuno li ha fatti alla Fiorentina, squadra rivelazione che noi abbiamo battuto due volte. Sto parlando delle due squadre ch si giocano un posto in Champions. Ma mi ha dato soddisfazione anche lanciare e migliorare giovani come Marquinhos, Lamela, Florenzi, Tachtsidis. Stavo lavorando per il futuro».

Però nel presente la sua gestione è stata contraddistinta anche da tanti problemi con i big: partiamo da De Rossi…

«Non ho mai avuto nulla contro Daniele, io nelle scelte ho sempre guardato solo alle prestazioni in allenamento e in partita. Finchè ci sono stato io la sua media voto è stata di 5,42. Qualcosa vorrà dire, o no?»

Mai pentito di avergli preferito Tachtsidis?

«A me ha sempre soddisfatto per la sua applicazione. Se qualcuno in allenamento o in partita avesse fatto meglio di lui, statene certi che avrebbe giocato».

Qualche disagio anche con Osvaldo e Pjanic.

«Osvaldo in 22 partite con me ha fatto 10 gol, in proiezione ne avrebbe fatti 20. Nelle successive dieci dopo di me, ha segnato solo un gol. Non credo di averlo gestito poi male… E se qualche volta l’ho ripreso è stato per il suo bene. Pjanic con me non ha giocato solo 1 0 2 partite. Cercavo solo la collocazione migliore per lui. E non mi sembra sia ancora stata trovata».

E dell’accantonamento di Stekelenburg per Goicoechea?

«Alt, Stek non l’ho mai discusso neanche dopo qualche svarione, poi ha preso una botta a Parma e complice un problema a una mano è rimasto fuori due mesi. In quel periodo Goicoechea ha fatto bene e noi abbiamo vinto spesso. Quando Stek è tornato a disposizione non mi è sembrato avesse tutti gli stimoli per riprendersi il posto da titolare, tant’è che voleva andare al Fulham. Di Goicoechea si ricordano solo gli ultimi errori gravi, ma aveva anche fatto cose buone».

Zeman, ma anche lei avrà sbagliato qualcosa…

«Certo, come chiunque lavora, posso aver sbagliato delle valutazioni. Ma l’errore più grande è stato pensare che tutti avessero il mio stesso entusiasmo e a cuore il bene della Roma».

Alcune sue esternazioni hanno irrigidito anche il rapporto con i dirigenti.

«Ho chiesto alla società di essere più presente. E’ una colpa? Senza disciplina non può esserci una squadra di calcio: l’ha detto anche Mourinho, uno più famoso di me».

Perché secondo lei fu scelto?

«A volte me lo chiedo anch’io. La mia filosofia si è dimostrata diversa da quella dei dirigenti. Forse serviva un nome buono per la piazza, di certo il mio stipendio è stato abbondantemente ripagato con gli abbonamenti realizzati…».

Tra i suoi must c’è sempre stato il calcio fuori dagli uffici finanziari e la necessità di presidenti-tifosi: poi ha firmato per la Roma legata ad Unicredit con una proprietà americana. Come lo spiega?

«Quando ho firmato non ho pensato a banca e proprietà, ma solo ai tifosi. Per me la Roma sono loro».

Ma anche a Pescara lei era amatissimo, poteva restare lì.

«Non dimenticherò mai la gente di Pescara, ma a loro ero riuscito già a dare soddisfazioni e gioie. Volevo fare lo stesso con quelli della Roma, visto che 13 anni prima ero stato fermato sul più bello».

Cosa risponde a chi sostiene che la sua preparazione atletica sia ormai desueta?

«Gli dico di guardare come sta Totti, lui a 36 anni la preparazione l’ha fatta tutta e bene…».

Già, Totti. Sulla Gazzetta lei lo ha definito ” il calcio”. Vuole aggiungere altro?

«Solo ringraziarlo. In campo mi ha dato tutto. Non ha mai sgarrato, dando sempre l’esempio. Se non tutti l’hanno seguito non è certo colpa sua».

Zeman, visto da fuori com’è il campionato italiano?

«Si gioca un calcio mediocre. Alla crisi economica si è unita quella dei valori. Oggi in tanti club è più importante il merchandising rispetto a quanto si fa in campo. C’è poca cultura sportiva e molti dirigenti alla fine diventano sembrano ostaggi».

Si spieghi meglio…

«Non mi piace il potere delle paytv e di molti opinionisti che ne fanno parte. Sono corazzate che tendono a influenzare troppo il pensiero altrui».

Parliamo di futuro: per l’ennesima volta il suo nome è accostato a quello dell’Inter.

«E per l’ennesima volta non può che farmi piacere. Nessun allenatore credo rifiuterebbe l’Inter. Il problema è essere chiamati».

Nel recente passato Moratti ha detto: “Zeman vecchio? No è giovane dentro, nelle idee”.

«Forse l’ha detto perché siamo quasi coetanei… Ma la passione che mette nell’Inter dimostra che anche lui è giovane dentro. Moratti è l’esempio del Presidente che vive per la squadra».

Anche molti elementi della squadra nerazzurra sono un po’ avanti negli anni. La preoccuperebbe gestirli?

«Il problema non è l’età, ma la voglia, la serietà e l’applicazione. Ho parlato di Totti, potrei citare Zanetti».

All’andata i tifosi dell’Inter la omaggiarono con uno striscione: «Onore a Zeman icona del calcio pulito».

«Mi fece grande piacere, loro mi hanno sempre dimostrato apprezzamento. Lo stesso è accaduto a Napoli. I tifosi, che secondo me restano la parte migliore del calcio, hanno spesso condiviso le mie posizioni».

A proposito, ha visto? E’ tornata la Gea, ma stavolta si parla di business etico.

«Il calcio italiano, come il Paese del resto, dimostra di avere poca memoria, ma eviterei la parola etica per chi ha subito processi e condanne. Nel calcio meno condannati ci sono e meglio è».

Conte sostiene che l’Italia non vincerà la Champions per tanto tempo: è d’accordo?

«Dipende da come e quanto si lavorerà sul gioco e sui giovani talenti. E dalla preparazione dei tecnici. Si parla tanto di stadi nuovi, che servono certo, ma per riempirli serve anche giocare bene. Oggi io vedo pochi allenatori, alcuni gestori e molti che si fanno gestire dai giocatori…».

Chi è il miglior allenatore europeo?

«Heynckes. Il suo Bayern è tra le semifinaliste di Champions la squadra che più mi piace, per la brillantezza del gioco e delle idee. Anche più del Barcellona».

Il miglior allenatore italiano?

«Conte. La sua Juve ha quella unità di intenti tra società, tecnico e squadra che la rende superiore a tutte le altre al di là del valore tecnico».

E Zeman?

«Zeman ha ancora tanta voglia di fare calcio pulito e di far divertire chi va a vederlo».

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