(P. Mei) – I due presidenti hanno un sogno in comune, anzi due: uno, a sveglia rapida, è quello del derby del lunedì sera; l’altro, che non dipende solo da loro ma anche da investitori, fund raising, burocrazia, autorizzazioni e via perdendo tempo, è lo stadio di proprietà, come ce l’ha la Juve che ha cominciato di lì a mettere uno sull’altro i mattoni del successo in corso. I due presidenti, Claudio Lotito e James Jim Pallotta, hanno più o meno la stessa età: un anno in più per Lotito, che è nato prima come del resto la sua Lazio nei confronti della Roma (differenza 27, si vantano lui e i laziali; siete nati prima e non vi siete chiamati Roma, sfottono i giallorossi per i quali la Roma non è solo “maggica” come squadra ma anche come parola, tra le italiane più conosciute al mondo, come la pizza e il tiramisù).
LE ORIGINI
Lotito, fra un escatologico e l’altro, un sinestetico e l’altro, un cellulare e l’altro (c’è chi giura ne abbia cinque) ha confessato di essere laziale da prima ancora di studiare l’amato latino, per non dire della pedagogia che venne più tardi. A’ regazzì, per quale squadra tieni? gli avrebbe detto quando andava alle elementari un fidanzato di una tata. Pe’ nessuna. Allora dì che tifi pe’ la Lazio. E Lazio fu. James Jim Pallotta, invece, è venuto su con il basket, quello dei Boston Celtics, che erano gli idoli della città di Boston dove è nato, idoli che in particolare per James Jim avevano i nomi di John Havlicek, 26.395 punti in carriera, e Bill Russell, 11 titoli vinti in una lega nordamericana tutte comprese, cifra che è record: forse è per questa dimestichezza con i primati e le cifre che gli piace Totti (e a chi non piace?). Lotito ha creato la sua fortuna economica fra pulizie e vigilanza, costruzioni e mille altre attività, tutte prese molto sul serio sennò i risultati non arrivano, perché forse anche nella vita vale la sua regola che “il pallone è per tutti, ma il gioco è per pochi”. Pallotta ha preso i suoi titoli di studio che si chiamano in sigla Mba e Bba (mai indagare con i titoli americani, vai a sapere di che si tratta) ed ha avuto i suoi ritorni nel campo della finanza, ritorni che gli hanno consentito di costruirsi una “villetta” da 21 milioni di dollari, che forse nonno Vincenzo nemmeno se la sognava quando partì per la Merica, lui che faceva l’ortolano in quel di Poggio Nativo, provincia di Rieti ora, ma forse all’epoca di Perugia o di Roma.
PECUNIA NON OLET
Magari può darsi che i due presidenti abbiano anche qualcosa di più in comune: “Più spendi, più vinci è ormai obsole0to” ha detto una volta Lotito che, ispirandosi a questa massima, s’è visto ribattezzare “Lotirchio” dai tifosi che, trascinati dalla passione, sognano di Messi eCristiano Ronaldo, Ibrahimovic e Iniesta, Neymar e Muller tutti insieme e che poi pensano Mourinho o Guardiola a farli convivere in campo. Non che non abbiano speso: ma Pallotta ragiona più all’americana e sciorina il rosario di brand multinazionali che già sono compagni di viaggio (direbbe Ilaria D’Amico) della Roma, però va cercando sceicchi e magari gli capita di inciampare nell’unico sceicco in bianco in circolazione in Italia. Lotito quanto a spendere è avveduto assai: gli viene riconosciuto, comunque, di aver fatto una Lazio competitiva e pure sana. Il che nel panorama dell’inguaiato e indebitato calcio non è poca cosa. Frasi celebri? Quando hanno chiesto a Lotito di eventuali acquisti ha risposto: io sono monogamo, quando cammino non guardo fuori dal mio orto. E sulle passioni letterarie un giorno ha detto di sentirsi “come il fanciullino di Pascoli”. Vecchi ricordi di vecchia scuola. Di Pallotta se ne conoscono meno: è arrivato dopo e quando parla lo fa dall’America. E l’inglese americano, pur se bostoniano e dunque il più europeo, è meno masticabile del latino. Almeno in via endoprocedimentale, direbbe Lotito.