(S. Carina) – «Lo avevo detto sabato, perché so come funzionano queste cose…». Nel post-gara di Roma-Pescara,Andreazzoli veste i panni del Grillo parlante di Collodi senza però rendersi conto che sarebbe toccato proprio a lui evitare di presentare una squadra presuntuosa, lenta, impacciata, appagata (da cosa?), senza gioco e idee.
E invece dopo l’inevitabile rammarico – «Sono deluso, non pensavo che potesse succedere nuovamente. Forse abbiamo qualche difficoltà ad esprimerci, a fare questo mestiere» – prima cade nell’errore che ha contraddistinto la precedente gestione: «Colpa mia? No, non ho omesso niente per farmi capire. Nulla si poteva fare di più di quello che ho fatto negli ultimi 2-3 giorni. Anzi ho fatto più di quello che preventivavo di fare». Poi con il passare dei minuti – e passando di televisione in televisione – ecco che il bicchiere diventa ancora una volta mezzo pieno: «Siccome è un po’ che mi occupo di sport, so anche che lo sport lascia situazioni incomprensibili. Questa è una di quelle. Fai il massimo ma non riesci ad ottenerlo. Sono delle situazioni imponderabili. Ancora una volta abbiamo dovuto ricevere uno schiaffo per svegliarci. Preso il ceffone, abbiamo reagito e ci abbiamo messo istinto, rabbia, cuore e sacrificio. Credo anche a onor del vero che la squadra alla fine avrebbe meritato il risultato pieno. Certo Pelizzoli ci ha messo del suo… Di fatto in classifica sembra che siamo sempre fuori da tutto e poi siamo sempre in gioco, perché abbiamo avuto un comportamento più che soddisfacente, altrimenti saremmo là dove abbiamo cominciato, dispersi nella classifica. E invece dispersi non siamo». Dispersi no, forse un po’ confusi a tal punto che il tecnico prima punta l’indice sull’arbitraggio – «L’episodio di Destro? Non è fallo, così impara a rimanere in piedi la prossima volta… È un fallo netto, chiarissimo, se si fosse buttato subito non sarebbe stato penalizzato dal direttore di gara» – per poi rendersi conto in un secondo momento «che è meglio non creare alibi, non parlo dell’arbitro».Anche perché qualora Massa avesse sanzionato il fallo sull’ex senese, avrebbe comunque concesso una punizione dal limite dell’area e non un rigore.
AURELIO COME CARLITOS
Ad Andreazzoli viene chiesto anche della decisione di schierare cinque attaccanti contemporaneamente. Scelta che ai tifosi con qualche anno in più, avrà certamente ricordato Roma-Sampdoria 1-4 (settembre ’96) quando ad ogni gol dei blucerchiati (tre nel quarto d’ora finale) il tecnico dell’epoca, l’argentino Carlos Bianchi, continuava a far entrare in campo attaccanti, terminando così con Balbo, Fonseca, Dahlin e Moriero. Stavolta ce n’era addirittura uno in più (Totti, Lamela, Osvaldo, Destro e Lopez):«Prima del quinto attaccante potevamo avere lo stesso assetto, con Totti che poteva innescarli e due mediani alle spalle – prova a spiegare il tecnico – Poi ho deciso di buttare per aria il cappello: Lopez doveva stare largo a sinistra e Lamela a destra con due punte centrali e Totti a supporto, per cercare qualche palla di confusione. Non credo di aver visto intasamenti, ho visto palle che ti posso premiare o penalizzare».
FARDELLO DERBY
La finale di Coppa Italia condiziona? Andreazzoli prima lo nega a Rai Sport – «Nella mia testa il derby non c’è e credo nemmeno in quella dei calciatori. Sarebbe gravissimo, non esiste una cosa del genere» – per poi lasciarsi sfuggire a Mediaset: «Il derby? Condiziona, condiziona eccome…».