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LA CORRIDA Dilettanti allo sbaraglio: Pallotta e il piano ventennale

La Corrida

Nuovo appuntamento con la rubrica firmata Gazzetta Giallorossa. Questa volta dedichiamo la nostra attenzione alle elucubrazioni più o meno indovinate da parte dei “nostri” dirigenti, spesso in difficoltà nel gestire le situazioni come la Roma sul campo. L’obiettivo è rivolto alle parole rilasciate dal Presidente James Pallotta nell’incontro con la stampa tenutosi nella prestigiosa location di New York City, nella sede della Raptor Accelerator:

 “Il nostro è un piano a lungo termine, almeno ventennale. Non siamo arrivati qui per abbandonare la nave dopo due tre anni. La prova è che abbiamo rifiutato offerte economicamente vantaggiose arrivate negli ultimi sei mesi perchè non è quello che vogliamo fare”.

Allora, il caro presidente Pallotta, o per meglio dire Jim come informalmente ama essere chiamato, continua ad estendere lo spazio temporale del progetto giallorosso che stenta a decollare. Quest’estate durante la tournée americana si era parlato di un piano di circa dieci anni per arrivare stabilmente a livelli mai raggiunti dalla Roma in passato. Ora le scadenze sono raddoppiate e come fine ultimo c’è sempre quello di vincere qualcosa, magari uno scudetto, come se nella sua storia la società capitolina non fosse mai riuscita in questa impresa. Con tutte le difficoltà del caso, Viola (4 anni) e Sensi (7 anni) sono pervenuti al successo senza percorrere una strada così lunga e tortuosa come quella appena segnata dallo Yankee. Discorso più logico se a questo si associa una difficoltà economica che al di là delle dichiarazioni di facciata è presente e anche piuttosto pressante.

“Cerchiamo 75milioni di euro e cediamo solo quote non operative. Ci aiuta la Morgan Stanley e abbiamo richieste da tutto il mondo, escluso il Sud America e compreso il Marocco. Voglio far entrare in società atleti e personaggi famosi”.

Normalmente in una società di calcio se occorrono dei soldi per ricapitalizzare le casse, il presidente apre i cordoni della borsa e tira fuori il necessario. Qui invece abbiamo capito che a fronte di una necessità di “ossigeno vitale” c’è bisogno di trovare nuovi investitori che possano immettere denari freschi. Ora giustamente le richieste per intervenire ci sono, come confermato da Pallotta, ma chiaramente i diretti interessati vorrebbero entrare con voce in capitolo e non solo con quote “non operative” che impedirebbero di avere peso specifico. L’unica notizia certa, di cui è arrivata la conferma anche oltre oceano con queste dichiarazioni, è che la Roma ha bisogno di fondi. E arriviamo alla presunta offerta dello sceicco Al Qaddumi:

“Si è fatto vivo un terzo interlocutore che ce lo ha raccomandato e ha offerto una somma sostanziosa, per una quota non operativa. Due nostri consulenti ci hanno dato parere favorevole. Siamo andati avanti, ma quando abbiamo presentato il contratto, i soldi non sono mai arrivati. Abbiamo fatto tutte le ricerche possibili: non siamo certo così stupidi. E poi abbiamo perso solo tempo, non denaro”.

Come è possibile che con fior fiori di advisor, consulenti, colossi bancari multinazionali, non si sia riusciti a scoprire quello che pochi semplici cronisti sportivi avevano fatto emergere un paio di giorni dopo la manifestazione d’interesse del presunto acquirente. Le cose sono due: o la situazione è talmente grave da dover fidarsi di chiunque sia disposto ad elargire una somma ragguardevole, oppure le verifiche vengono fatte all’acqua di rose e senza la dovuta cautela. A questo punto la figura di Unicredit, da tiranno può diventare garanzia di controllo su i vari squali che osano avvicinarsi nei paraggi.

“Sul piano strettamente sportivo abbiamo conferito valore alla squadra. Abbiamo dimostrato di poter competere con chiunque e di poter battere squadre del calibro di Inter, Milan e Juventus. Franco e Walter hanno lavorato molto bene sul mercato durante la scorsa finestra estiva: basta vedere l’interessamento che registriamo nei confronti dei nostri giocatori. Quello che ci è mancato fino ad ora, ma arriverà è la regolarità”.

E arriviamo all’analisi del campo. Verrebbe da dire che la Roma più di aver dimostrato di saper battere chiunque, ha dimostrato di poter perdere da chiunque, come dimostrato dall’ultima debacle siciliana. Al di là delle chiacchiere sull’operato dei dirigenti e sulla bontà dei talenti presenti in rosa, i dati parlano di due settimi posti in altrettanti anni, con una costanza nella mediocrità che descrive  a pieno il reale valore della squadra.

“Non venderemo per fare cassa, se mai lo faremo sarà soltanto perchè riteniamo in questo modo di migliorare la squadra. Non ho alcun interesse di avere una squadra non competitiva. Sul piano personale realizzare un profitto più o meno grande con l’As Roma non cambierebbe comunque il mio stile di vita, al contrario sarebbe una soddisfazione enorme vincere dei titoli e mantenere una squadra ad alti livelli nel tempo”.

In questo momento la Roma tutto deve fare per rinforzarsi tranne che dar via i suoi giocatori più talentuosi, anche se difficili da gestire, semmai cercare di affiancare a questi altri più pronti e già in grado di fare la differenza. Il problema è che per fare questo bisogna investire, ma ancora si fa fatica a capire chi può mettere i soldi necessari per l’investimento.

Il gran finale è riservato ai commenti sulla guida tecnica:

“A giudicare da alcuni commenti sembra che abbiamo esonerato un allenatore dopo l’altro, invece Zeman è stato l’unico esonero. Luis Enrique, il nostro primo allenatore, aveva uno stile che mi piaceva tanto, che ritenevo adatto per noi. Il problema con Luis è stato che è arrivato stanco. E’ stato convinto ad accettare l’offerta e poi soprattutto ha avuto a disposizione una rosa incompleta in certe zone di campo, penso soprattutto in difesa. Andato via lui ci siamo rinforzati in difesa con Castan e Marquinhos, forse non ha avuto i giocatori adatti al suo tipo di calcio. Andreazzoli? L’unica partita che non ho capito è stata l’ultima contro il Palermo. Prima di allora aveva fatto un ottimo lavoro. Tuttavia è prematuro parlare di rinnovo”.

Primo, se Luis Enrique era il prototipo dell’allenatore perfetto per la Roma, le cose diventano molto più chiare. Secondo, se la campagna acquisti era incompleta qualcuno nei piani alti (Sabatini e Baldini) avrebbe dovuto pagare. Terzo, è arrivato stanco di cosa? E’ stato convinto con la forza ad accettare l’offerta?! Su Andreazzoli forse viene spesa l’unica parola giusta e cioè per il rinnovo è meglio aspettare…

A cura di Rocy & Apollo

 

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