Nuovo appuntamento con la rubrica firmata Gazzetta Giallorossa. Questa volta dedichiamo la nostra attenzione alle elucubrazioni più o meno indovinate da parte dei “nostri” dirigenti, spesso in difficoltà nel gestire le situazioni come la Roma sul campo. L’obiettivo è rivolto alle parole rilasciate dal direttore sportivo Walter Sabatini al termine della sfida interna con il Pescara, ennesima debacle di un campionato costellato da pochi alti e troppi bassi.
“No, la Roma non ha la sottovalutato la partita e l’avversario. Ho già avuto modo di dire che squadre come il Pescara, che hanno quasi compromesso la lotta per la salvezza, mettono in campo due qualità: la disperazione ma anche la tranquillità. La classifica gli permette di stare tranquilli e di giocare una partita serena. Incide anche il fattore Olimpico: un ragazzo giovane che viene a giocare qui sa che questa partita può rappresentare un salvacondotto per poter continuare a giocare a grandi livelli, perché una grande prestazione si segnala a tutti. Queste sono le motivazioni del Pescara, ma molti di voi sono interessati alle non-motivazioni nostre…. E devo confutare questo pensiero. La squadra ha voluto fare la partita e ha creato i presupposti per ribaltarla. Le partite sono tutte difficili, nessuno pensa di giocare un’amichevole ogni domenica”.
Allora l’analisi è piuttosto semplice e si articola su due concetti paralleli: primo se è vero che il Pescara può giocare senza grande pressione per il fatto di non aver più obiettivi imminenti, cosa si può dire della Roma che al massimo può ambire ad un posto in Europa League e dovrebbe essere anzi animata da uno spirito positivo per la finale raggiunta (di Coppa Italia e non di Champions League) da sfruttare come abbrivio per la parte conclusiva del torneo? Secondo se la squadra ce l’ha messa tutta non fallendo l’approccio, allora bisogna iniziare a pensare che la formazione non sia poi così competitiva come si sbandiera ai quattro venti da due anni a questa parte. Il talento, caro Sabatini (per alcuni interpreti anche sopravvalutato) non rappresenta l’unica componente importante nel calcio, anzi, e vedendo la lista dei nomi che costituisce al momento la rosa, le carenze sono talmente palesi che non serve un grande intenditore per accorgersene. Ora l’unica cosa da fare è migliorare consistentemente il roster con acquisti di livello, ma il problema è che per far questo servono i soldi, quelli che la Roma non ha. Poi venendo all’allenatore:
“E’ molto tranquillo. Ha un contratto di cinque anni, ha tutta la stima della società e sta lavorando bene e in tranquillità. Resterà comunque un tecnico della Roma, anche qualora decideremo che non debba essere lui l’allenatore della prima squadra, ma si sta giocando le sue possibilità. Ha messo in campo risorse e un impegno incommensurabile”.
Ci risiamo, Sabatini ci ricasca. Dopo quanto successo con Zeman nella settimana dopo il pareggio di Bologna, anche questa volta il direttore certifica un esonero che avverrà solo tra qualche tempo. La conferenza stampa di presentazione di Torosidis fu la conferma che con il mister boemo non c’erano più i presupposti per andare avanti e la fiducia momentanea costò alla Roma una sconfitta annunciata contro il Cagliari la giornata seguente. Ora queste dichiarazioni lasciano intendere come Andreazzoli costituisca un ottimo collaboratore per il futuro ma non l’uomo su cui incentrare la nuova rifondazione. La speranza è che l’effetto non sia lo stesso ottenuto nella passata occasione e che l’ennesima uscita fuori luogo non pregiudichi un finale di stagione ancora tutto da scrivere. Ultimo riferimento al fato, d’altronde quando non si sa che pesci prendere…
“Ci è mancata un po’ di fortuna. Non è una lamentela, ma se vincevamo su rigore all’88′ ci saremmo ritrovati a dire qui che la squadra ha messo molto carattere in campo. Purtroppo non è stato cosi e dobbiamo ‘subire’ questo pensiero”.
Quello che preoccupa è la miopia nell’analizzare il momento che si sta attraversando. La situazione è molto più grave di quanto non appaia agli occhi del direttore, urge correre ai ripari, una nuova rivoluzione, ricostruire per il terzo anno di fila, considerare quasi tutto da buttare un discorso impostato 24 mesi fa e non pensare che con un po’ di fortuna in più e un rigore al momento giusto, la valutazione penderebbe verso il positivo. L’atto conclusivo della Coppa Italia può rappresentare un grosso rischio: un’eventuale vittoria potrebbe coprire tutte le nefandezze gestionali, mettendo sotto il tappeto la polvere accumulata in questo lasso temporale, sufficiente per parlare di fallimento.
A cura di Rocky & Apollo