(M. Pinci) – Stadio semivuoto e spiagge affollate come fosse Ferragosto lasciano intendere più di qualsiasi altro indizio l’utilità di questo Roma-Siena. In campo manifesti contro l’allergia, un male di primavera quanto la predisposizione a innamorarsi. Tradita, ad esempio, dai cameramen dello stadio, impegnatissimi a cercare con il loro occhio bellezze locali sugli spalti. Semmai servisse un indizio ulteriore, basta leggere l’unico striscione che prima della partita colora la curva Sud: “Alessia, ti amo… Ricominciamo!”, il tributo sentimentale con cui qualche romantico cerca di riconquistare la propria bella. Qualcuno applaude, gli altri spettatori forse capiscono che è il caso di dare un senso alla domenica passata nel posto sbagliato — l’Olimpico anziché Fregene — e cercano uno motivo per spiegare agli amici la loro presenza lì: “Cinque partite e una finale da giocare, forza Roma non devi mollare”.
Li prende in parola Osvaldo, che si sveglia dal letargo invernale (nessun gol in casa nel 2013) ingaggiando una battaglia con i tifosi a suon di gol e polemiche. Segna e mostra le orecchie, come a chiedere di far sentire, ora, le critiche. Lo stadio risponde fischiando, lui controreplica segnandone altri due, ricevendo lo stesso trattamento. Dani la prende male e dopo l’ultimo, irriverente, mostra le spalle alla curva indicandogli il nome stampato sulla maglia. Coperto — poteva aspettarselo — dalle voci di chi fa piovere in campo un rumorosissimo “Osvaldo chi te se fila”. Così tradotto, per la verità, giusto per renderlo riferibile su queste pagine.