(E. Sisti) – I paradossi rivelano lo stato delle cose: «Conosciamo il valore di Osvaldo». Per una volta, una delle poche, i tifosi della Roma sono d’accordo col loro traghettatore Andreazzoli. Anche loro sono consapevoli del peso che hanno certi piedi, anche loro riconoscono all’argentino coi capelli lunghi, quello che somiglia a Johnny Depp, qualità straordinarie. Ma proprio per questo non lo mandano giù, non più. Aveva appena segnato tre gol ma ciò non gli era sufficiente per garantirsi l’assoluzione: «Osvaldo chi te se in.. la! Osvaldo hijo de p.. a!», gli urlava la curva arrabbiata e stremata, sul ritornello di Guantanamera, per i troppi atteggiamenti dabbene del giocatore, irritanti anche per un osservatore esterno. Eppure, è questo il paradosso, ieri Osvaldo stava per entrare nella storia giallorossa. Se al 26’ del primo tempo quel suo splendido tiro fosse finito dentro, invece di colpire il palo, sarebbe stato uno dei pochi a segnare quattro gol in una sola partita con la maglia giallorossa: avrebbe eguagliato, nei tempi recenti, il Montella del derby più clamoroso degli ultimi anni (il 5-1 del marzo 2002).
Rabbia, sgomento, incredulità. Nella prima partita “facile” che si trova a giocare, per propri meriti e per i demeriti di un Siena inspiegabilmente disossato, inconsistente, come se fosse già salvo o già condannato senza speranza, incapace di opporre qualsivoglia resistenza, inadatto al pressing, troppo scarico persino per normali contrasti o falli, la Roma lascia strascichi che non corrispondono, tanto per dire, alla bellezza delle prime tre reti, gioielli autentici (Osvaldo su assist di Lamela al 14’, Lamela al volo no comment su assist no comment di Totti al 15’, Osvaldo dopo applauditissimo accanimento di Florenzi sulla linea di fondo al 41’).
C’è chi si chiede: ma come può una squadra col miglior attacco della serie A, che vanta due giocatori a 15 gol e uno (Totti) a 12, più assist e delizie a profusione, come fa un gruppo con tutte queste briscole in mano a non essere già certo della Champions League? Semplice. Perché questi ragazzi, Totti a parte, non giocano sempre così, difettano in continuità, hanno un cuore intermittente e un’anima spesso assente, a volte si capiscono benissimo, a volte è come se parlassero lingue diverse e di solito la panchina, questa panchina, non li aiuta. Uno spreco palese, enorme, insopportabile. Ieri, facilitati dal clima, mentre il Siena arrostiva nella sua miseria tecnica, i ragazzi del futuro si sono preoccupati anche del presente. Non c’è mai stata partita e non c’è mai stato, per la Roma, problema di modulo. Senza nulla togliere ai protagonisti, la sensazione è che ieri la Roma sarebbe potuta scendere in campo anche con De Sisti, Schnellinger, Angelillo, Losi e Tamborini. Il quarto gol (22’ st) nasce dalla “tigna” di Totti che scarica un destro basso respinto da Pegolo sui piedi di Osvaldo. La curva come detto non risparmia l’argentino. Ma attaccando lui denuncia dissesti viscerali.