(G. Zapponini) – La tempesta potrebbe essere alle spalle. Dopo anni di profondo rosso il calcio italiano prova a rialzare la testa, imboccando la strada del contenimento dei costi e dei vivai giovanili.Finiti i tempi delle spese pazze e dei giocatori pagati a peso d’oro. “Quel modello pare essere definitivamente accantonato. Ora i club sembrano averne assimilato uno nuovo, basato su una politica molto più attenta nella gestione dei costi”, spiega a MF-Milano Finanza Emanuele Grasso, partner di PricewaterhouseCoopers e curatore del Report Calcio 2013, elaborato assieme alla Fgci e all’associazione Arel. Nella passata stagione la perdita netta registrata dal calcio professionistico in Italia è stata di 388 milioni di euro, in diminuzione del 10% rispetto al campionato precedente, quando il rosso era risultato di 430 milioni.
“C’è stato un parziale ripianamento delle perdite da parte dei club”, spiega Grasso, “dettato anche dall’acuirsi della crisi che in pratica ha anticipato le regole del fair-play finanziario, prendendone alla fine il posto”. Un altro segnale incoraggiante arriva dal valore della produzione del calcio professionistico, cresciuto lo scorso anno del 7% su base annua a 2,7 miliardi, nonostante il costante calo di pubblico sugli spalti. A preoccupare gli addetti ai lavori è però l’indebitamento della Serie A, aumentato nella passata stagione dell’8,8% a 2,9 miliardi (3,5 miliardi l’intero debito del calcio professionistico). In aumento anche i costi a 3 miliardi ( 4,4%). “Siamo ancora dinnanzi a un debito sostenibile, i club hanno imparato la lezione e fatto loro un modello di gestione nuovo: la transizione è iniziata» rassicura Grasso. «E penso che per il prossimo anno possiamo aspettarci un ulteriore miglioramento della situazione”.