(F. Monti) – La prova che 20 squadre in serie A sono troppe è nella giornata che fra sabato e domenica chiude il campionato. Sei delle dieci partite in programma fra sabato e domenica risultano inutili, perché sono già definiti scudetto (Juve), secondo posto con accesso diretto alla Champions League (Napoli), retrocessioni (Palermo, Siena e Pescara) e una posizione per l’Europa League (Fiorentina o Milan). Le sei amichevoli sono: Sampdoria-Juve (sabato) e poi Atalanta- Chievo; Bologna-Genoa; Palermo- Parma; Roma-Napoli; Torino-Catania. Resta da definire chi arriverà terzo (preliminare di Champions) fra Milan e Fiorentina (separate da due punti, 69 a 67) e questo rende interessanti Pescara-Fiorentina e Siena-Milan. In più rimane la corsa al quinto posto (doppio preliminare di Europa League), con Cagliari-Lazio e Inter- Udinese, visto che l’Udinese ha 63 punti e la Lazio ne ha 61.
Un campionato dove il 60% delle partite dell’ultima giornata non conta niente è l’esatto contrario di quanto imporrebbe la necessità di vendere un prodotto appetibile e interessante fino alla fine. Anche in Inghilterra, Spagna, Germania e Francia il titolo è stato assegnato in anticipo (in alcuni casi, come per il Bayern, in larghissimo anticipo), ma qui tutti i verdetti più importanti sono stati pronunciati e questo non aiuta a far crescere interesse intorno al format, che la serie A si trascina dal 2004-2005. Non è un caso che un buon numero di bookmakers abbia annullato le quote di alcune partite. E non sono i premi stabiliti dalla Lega, in rapporto al piazzamento finale a cambiare il corso degli eventi, anche perché le posizioni sono spesso cristallizzate. L’aspetto più curioso è che in Federcalcio sono tutti d’accordo sulla necessità di tornare ad una serie A a 18 squadre e a una B a 20 (oggi i club sono 22, con un campionato di 42 giornate più playoff e playout) e se accompagnata da una riforma organica dei campionati, anche il sindacato calciatori è disponibile alla trattativa sulla riduzione del numero di club. In questo senso sono stati fatti studi, indagini di mercato, sondaggi e la Lega di B ha già annunciato che punta ad autoridursi. L’unica vera opposizione arriva dai vertici della Lega di A, che ha venduto i diritti tv fino al 2014-2015.
Eppure dopo nove stagioni con 38 giornate dovrebbe essere chiaro a tutti che una serie A così lunga non conviene a nessuno. Le società sono costrette ad allestire rose numericamente eccessive, per tamponare infortuni comunque sempre più frequenti; la qualità si abbassa ed è necessario giocare tre o quattro turni infrasettimanali, con stadi sempre più vuoti. A quattro-cinque giornate dalla fine, si forma un nucleo di squadre, che non ha più nulla da chiedere al campionato (soprattutto chi si è salvato), con le conseguenze negative che questo comporta. Anche in questa stagione, il c.t. Prandelli non è stato in grado di organizzare nemmeno uno stage dei nazionali, come aveva chiesto alla fine dell’Europeo.
Tornare a 18 squadre, come consigliato anche da Fifa e Uefa (e non da ora), pur nel rispetto della libertà organizzativa di ciascun Paese, significherebbe evitare i turni infrasettimanali, lasciare un piccolo spazio in più alla nazionale, rendere più interessante un torneo che continua a perdere prestigio anche all’estero. Venti squadre potrebbero avere un senso, soltanto se si riuscisse a recuperare il quarto posto in Champions League e se si aumentassero le retrocessioni da tre a quattro. Ma è già molto se l’Italia riuscirà a conservare il terzo posto nell’Europa dei grandi e di aumentare le retrocessioni non se ne parla. Visto che il terzo posto in Europa League può arrivare dalla finale di Coppa Italia, avere in campionato 11 o 12 club senza un traguardo chiaro è un lusso, che la serie A di questi tempi non può permettersi