(A.Catapano) – In uno dei giorni più umilianti della storia romanista, l’unica voce che si leva nel silenzio imbarazzato della dirigenza è un tweet di Mark Pannes, già plenipotenziario del club, attualmente membro del comitato esecutivo e, come lo chiamano a Trigoria, «cane da guardia di Pallotta»: «La stagione è finita ma non ci fermiamo — annuncia —. Passi avanti per il nuovo stadio»,con tanto di foto in cui fanno bella mostra di sé anche Zanzi e Pallotta, che nel momento più nero della loro gestione (e della storia recente della Roma) hanno deciso di lasciare la città.
A giudicare dalle reazioni, il tweet di Pannes meriterebbe quel premio «Cavolata del Mese» che il buon Mark qualche tempo fa voleva istituire per i giornalisti. In pochi minuti, i suoi followers romanisti si scatenano: i più teneri citano il «Grande Capo Esticazzi» di Lillo e Greg; i più feroci lo trattano al pari di Baldini, Baldissoni e Sabatini, quindi lo insultano; i più acuti si convincono che davvero l’unica cosa che sta a cuore agli americani è la costruzione dello stadio. O quantomeno che tutto il resto, compresa la storica umiliazione subita domenica, valga meno. Altrimenti, come spiegarsi l’imbarazzante discorso pronunciato da Pallotta domenica sera nello spogliatoio («Continuate a crederci e vinceremo presto»), e come giustificare il silenzio tombale di ieri, perpetrato anche di fronte allo scambio al vetriolo Andreazzoli-Osvaldo, una cosa mai vista prima?
Ecco, il bello (si fa per dire) della Roma di queste ultime stagioni è che finisce sempre per stupirti, anche se pensavi di averle viste tutte. E stupisce, di queste ore tribolate, la scarsa conoscenza che gli uomini chiave del club giallorosso hanno di Roma, della Roma, della sua storia, della sua gente. Ma non dovremmo stupirci. Perché tra Pallotta, Tacopina, Fiorentino, Pannes, Zanzi, Gombar, Winterling, Baldini e Sabatini, non ce n’è uno che sia nato o (almeno) cresciuto a(lla) Roma. Che sappia interpretarne il cuore e, soprattutto, la pancia. E finché non capiranno che governare la Roma è molto più complicato che gestire i Boston Celtics o un fondo di investimenti, ci sarà poco da stare Allegri. È bene che lo sappia anche il prossimo allenatore giallorosso.