(A. Pugliese) – In effetti, nella settimana passata a Roma James Pallotta ha fatto tante cose: la visita al Vaticano e al Quirinale, la semifinale di basket della Virtus Roma, il derby di Coppa Italia e gli incontri istituzionali. In tutto questo, però, non c’è stato tempo per Francesco Totti. Oddio, Pallotta e il capitano si sono visti e nella visita al Papa hanno anche chiacchierato un po’. Ma non di quello che si sarebbe aspettato Totti. E cioè del rinnovo del contratto, in scadenza nel giugno 2014. «Ne abbiamo già parlato e ne torneremo a parlare a fine stagione. Absolutely », ha assicurato il presidente della Roma la scorsa settimana. Sta di fatto, però, che Totti si aspettava un segnale che non è arrivato, anche se poi di queste cose il suo entourage ne dovrà parlare con altri (Baldini o chi per lui, ieri il d.g. era a Londra per parlare del futuro della Roma con Pallotta e magari un po’ anche del suo). Insomma, Francesco avrebbe gradito una dimostrazione di stima prima di partire per le vacanze, che non voleva dire per forza il rinnovo (vuole un biennale, la Roma ragiona su un 1+1), ma ’apertura delle trattative. E invece, complice il grande caos che regna in questo momento a Trigoria, non se n’è fatto nulla. È ovvio che alla fine il contratto si farà ed è impossibile pensare a un Totti altrove. Ma un po’ di dispiacere c’è, inutile negarlo.
Madrid e dintorni Del resto, parlando con France Football, Totti è tornato a parlare dell’ipotesi (inverosimile) di un addio: «Ho delle offerte da club stranieri, non italiani. E se dovessi andare via andrei all’estero. Ma so che invecchierò con questa maglia ». Le offerte arrivano da Usa, Francia, Spagna e dal mondo arabo. Già, la Spagna, dove nel 2004 stava per sbarcare al Real. «Volevo una grande per vincere, in quel momento i dirigenti non potevano darmi quello che volevo. Fossi andato al Real avrei vinto tre Champions e due Palloni d’Oro. Ma il cuore ha deciso di restare e preferisco ciò che ho fatto con la Roma: la fedeltà è già una vittoria. C’è solo il rammarico di non aver vinto 2-3 scudetti in più».
Mai biancoceleste Francesco ha parlato anche della Lazio. «Una parola per definirla? Niente». A cui ha poi aggiunto, scherzando: «Purtroppo ho degli amici laziali, ma se mio figlio Cristian un giorno uscirà con una tifosa biancoceleste, a casa non ci rientra». Chiusura con i ricordi. Quelli dolci come Germania 2006 («Dopo l’intervento alla gamba, Lippi in ospedale mi disse: “Verrai al Mondiale anche con una gamba sola”»). E quelli brutti come Carlos Bianchi. «Insisteva perché me ne andassi, pensava fossi un giocatore normale. Voleva Litmanen, per lui era stratosferico. Poi giocai benissimo il torneo con Mönchengladbach e Ajax e Sensi disse: “Da qui non si muove”».
De Rossi e Pjanic Intanto, però, la Roma si trova a dover gestire altri tormenti. A Londra Baldini proverà a chiudere la cessione di Stekelenburg al Fulham e parlerà di De Rossi col Chelsea. Poi c’è la situazione- Pjanic: il talento bosniaco (nel mirino del Bayern) prima di decidere se restare in giallorosso vuole capire chi sarà l’allenatore e quale sarà il progetto tecnico. Altrimenti, c’è il forte rischio che decida di cambiare aria. E la Roma, francamente, non se lo può permettere.