(V.Piccioni) – Canne depenalizzate o quasi. L’ha deciso la Wada, l’Agenzia Mondiale Antidoping, alzando l’asticella della soglia di positività a un livello che certifica lo spinello libero, sportivamente parlando, almeno fino al giorno prima della competizione. La decisione è stata presa senza aspettare la conferenza mondiale antidoping che si svolgerà in Sudafrica, a Johannesburg, dal 12 al 15 novembre, e che scriverà il nuovo codice 2015. La traduzione operativa è già in vigore dallo scorso sabato: non più 15 nanogrammi/millilitro, ma addirittura 150. Un innalzamento che dovrebbe praticamente cancellare l’80 per cento delle positività del genere, forse pure di più.
SOLO IN GARA — La questione è in qualche modo politica, mediatica ed economica, non tanto “sociale”. In effetti la positività per cannabis non era una sanzione di carattere morale visto che l’esame antidoping per la sostanza era ristretto soltanto ai controlli post gara. Il principio era quello di colpire eventuali vantaggi indiretti, la parola più usata è “rilassanti”, insomma un beneficio sulla prestazione. La proibizione riguardava già prima di sabato soltanto la gara, la competizione. Tanto che nei controlli a sorpresa, invece, la cannabis non si cercava neanche.
FESTE ASSOLTE — Il problema è che con quella soglia, 15 nanogrammi, la rete rischiava di colpire anche il consumo in una festa (ma non il fumo passivo, che secondo gli esperti non produce più di 2-3 nanogrammi/millilitro nell’urina) magari un paio di settimane prima della competizione e senza alcun fine dopante. Sui tempi di smaltimento della sostanza, in effetti, non c’è un pronunciamento scientifico definito. Ora, con il passaggio a quota 150, si dovrebbe colpire soltanto il consumo nelle immediate vicinanze, un giorno o giù di lì, della competizione.
SOLDI RISPARMIATI — Il problema è che nel 2011, nel mondo si erano registrati 445 casi di positività alla cannabis, ben l’8 per cento del totale, una bella fetta della torta, un grande impegno per i laboratori. Che prestava il fianco a una considerazione critica nei confronti dell’efficacia del sistema antidoping: mentre si annuncia il doping genetico, con le inchieste giudiziarie che smascherano assunzioni che i controlli spesso non riescono a evidenziare, voi pensate alle canne… Spendendo soldi e rischiando duelli legali per sanzioni inevitabilmente molto limitate (la media delle squalifiche non era superiore ai due mesi) a suon di parcelle, che andrebbero riservate ad altre vicende, per esempio alla difesa di quella che è sempre più la trincea del passaporto biologico, la frontiera su cui si sta combattendo più fra istituzioni e legali dei “positivi” con le prime che hanno avuto finora la meglio sulle seconde. D’altronde il risparmio di ricerca e di denaro è evidente. In tempi di crisi, c’è anche un problema risorse, inutile negarlo, l’antidoping può rischiare di fare il vaso di coccio. Inoltre diverse federazioni sportive internazionali avevano chiesto la cancellazione del divieto che vale dal 1999.
CONCENTRARE GLI SFORZI — In ogni caso la decisione della Wada segna una novità importante nel sistema antidoping con il tramonto delle positività “festaiole” alla cannabis, ma soprattutto con la concentrazione pragmatica degli sforzi sui diversi fronti in cui la battaglia contro le sostanze proibite è sempre durissima. E purtroppo lontana dal successo.