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IL MESSAGGERO Coppa ad alta tensione: vale la stagione

Daniele De Rossi

(U. Trani) – Il derby della capitale numero 158, senza contare le amichevoli, è quello mai visto. Inedito. È la finale di Coppa Italia. Per la prima volta la Roma e la Lazio si sfidano per il trofeo. Era successo in altre due piazze, nel ’37-’38 tra il Torino e la Juventus e nel ’76-’77 tra il Milan e l’Inter. Questo è sicuramente un’altra cosa. Perché qui si vive come in nessuna città del nostro paese. E perché è l’ultimo atto di una stagione deludente per entrambe. Vincerlo significa restare a galla. E lasciare il fallimento solo ai rivali. Colpiti e affondati.

IL PESO DOPPIO

La chiamano già la coppa di consolazione. Chi stasera la alzerà al cielo, in un Olimpico quasi pieno dopo la freddezza iniziale (previsti 60.000 spettatori), avrà il perdono della propria tifoseria per l’annata mediocre. La Roma, con il sorpasso all’ultima gionata di campionato, si è piazzata sesta, la Lazio subito dietro, settima, con un punto in meno. Insomma il torneo non ha portato in dono obiettivi, ma almeno la stagione si chiude con questa finale. Chi la conquista si prende tutto: il trofeo e la partecipazione alla prossima Europa League. Ai perdenti non resta niente. Bocciati in campionato e in coppa. Lo zero assoluto, per colpa del diciottesimo derby di Coppa Italia.

I NUMERI

La Roma gioca la sedicesima finale della sua storia (sarebbe la diciassettesima ma nel ’69 arrivò al successo dopo un girone e non con una gara secca). E, insieme con la Juve, è la società che si è aggiudicata più volte la competizione: 9 volte. Già dal 2010, quando perse in finale contro l’Inter di Mourinho e del triplete, chiese alla Lega il permesso, in caso di consacrazione con la Decima, di mettere sul petto la stella d’argento. Andreazzoli, «temporaneamente» chiamato a guidare i giallorossi dopo l’esonero di Zeman a inizio febbraio, vuole passare alla storia: permetterebbe al club di Pallotta di cucirsi un fregio che non ha nessuno in Italia. Non ci riuscì Ranieri che vinse 4 derby di fila e nemmeno Montella che si aggiudicò l’ultimo e il quinto della serie, prima del digiuno di 4, con 3 successi di fila della Lazio, 2 con Reja e quello d’andata con Petkovic, prima del pari dell’8 aprile scorso. I biancocelesti sono arrivati in finale 6 volte: 5 le vittorie, anche se in Svizzera il suo tecnico di Sarajevo ne ha perse due su due. C’è solo un precedente datato 26 maggio: 1 a 0 per la Lazio, gol di Flamini, nel 1940. Totti, 4 reti nelle finali di coppa, non ha mai fatto centro contro i biancocelesti in questa competizione. De Rossi è ancora a secco: annata senza gol.

L’EQUILIBRIO NELLE SCELTE

Andreazzoli e Petkovic ripartono dalla sfida di un mese e mezzo fa. E ripropongono gli stessi sistemi di gioco: la Roma con il 4-2-3-1 che il suo allenatore, dopo sette gare, varò proprio per il derby di ritorno; la Lazio con il 4-1-4-1, che prevede solo Klose in attacco. Se Petkovic va sul classico, puntando sulle corsie con le catene ben collaudate, a destra Konko e Candreva e a sinistra Radu e Lulic, il collega può usare tre centrali difensivi, se davvero sposterà Marquinhos a destra, da terzino, come fece a San Siro il 12 maggio contro il milanista El Shaarawy. Tra i giallorossi, sicuro assente è Stekelenburg: senza l’olandese, nemmeno convocato, spazio a Lobont. I biancocelesti potrebbero non avere Dias, pronto Cana. Destro, 5 reti in questa edizione e sempre a segno nelle 4 partite verso la finale, non ha la certezza di partire titolare.

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