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IL ROMANISTA La festa finisce in fischi

Minuto di silenzio

(M. Macedonio) – «Gli anni 80, la nostra storia… Le vostre gesta trionfano ancora!». Occupa in larghezza tutta la curva, lo striscione che la Sud ha preparato per festeggiare i protagonisti dello scudetto ‘82/83, a trent’anni dalla conquista di quel titolo. E ci sarebbe davvero piaciuto che fossero in tanti a ricevere quell’omaggio. Per carità, molti – anche invitati – non sarebbero probabilmente venuti, chi per impegni professionali, chi per lontananza geografica.

Ma ci sarebbe sembrato perlomeno doveroso che l’invito fosse stato esteso a tutti i componenti quel gruppo, dallo staff tecnico ai singoli giocatori, Sarebbe stato bello, insomma, rivedere sotto la curva, ma anche sotto gli altri settori dello stadio, quello stesso fantastico gruppo che al temine di Roma-Torino, ultima di campionato, sfilò correndo lungo la pista di atletica sorreggendo quel grande drappo tricolore. Come s’era augurato Agostino, quando, in vista del traguardo, aveva detto che era, sì, importante arrivare in porto, ma ancora di più, arrivarci con il “vessillo”. Ecco, stasera, a portare quel vessillo c’erano solo cinque giocatori di quella che è stata forse, per qualità di gioco e valori tecnici individuali, la squadra più forte della storia giallorossa. Erano lì, a raccogliere gli applausi, Sebino Nela e Ubaldo Righetti, due perni di quella difesa, con Odoacre Chierico e Alberto Faccini, l’uno a portare le sue sgroppate sulla fascia destra, l’altro su quella di sinistra. E con loro Franco Superchi, che il titolo di campione se lo conquistò grazie a quella mezz’ora finale che Liedholm gli riservò nella festa del 15 maggio. Non avremmo forse rivisto Falcao, o Ancelotti, o Prohaska.

Ma certo sarebbe stato bello riavere sul prato dell’Olimpico Bruno Conti, Pruzzo, Tancredi, Vierchowod, Iorio. Ma anche Giovannelli e Valigi. E ovviamente, Luca e Marisa Di Bartolomei, o la moglie di Aldo Maldera. E Carlo Liedholm. Così come ci sarebbe piaciuto che ci fossero anche Ernesto Alicicco, il medico, o Luciano Tessari, il secondo del Barone, con il preparatore Colucci e i massaggiatori Boldorini e Giorgio Rossi. E, manco a dirlo, una rappresentanza della famiglia Viola. Insomma, tutti, ma proprio tutti, coloro che furono artefici di quel successo. Magari, ne sarebbero venuti solo una metà, chissà. Ma che tutti meritassero l’invito ad esserci, è fuori di dubbio.

Chi ha avuto accesso alla Monte Mario ha potuto almeno rivederli in fotografia. Grazie all’iniziativa promossa di concerto con l’UTR, che ha dato fondo ai propri archivi e consentito l’allestimento di una mostra su più pannelli, con le immagini di quella lunga cavalcata, tra gol, emozioni, e ricordi che riaffiorano alla mente. Insomma, una serata che prometteva di dedicare ampio spazio alla rievocazione del secondo scudetto, ma che ha, almeno in parte, tradito le attese. Sarà per un’altra volta. Chi ha invece confermato quanto era, purtroppo, nelle previsioni, è il pubblico di buona parte dell’Olimpico, che ha fatto sì che il minuto di silenzio in memoria di Giulio Andreotti fosse, per la potenza dei fischi, il più assordante mai sentito allo stadio.

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