(M. Pinci) – Gelo. Tutti via, di corsa, verso le uscite. Come se la coppa non si fosse giocata. I tifosi della Roma lasciano lo stadio a testa bassa. Qualcuno in preda alla rabbiosa delusione avvicina Losi, la bandiera che fu: “Si ce stavi te al posto de questi nun perdevamo così”. Lui sospira mentre una bandierina forse dimenticata in tribuna Monte Mario ricorda che lì, una volta, c’erano anche i romanisti. Gli stessi che avevano dato il benvenuto (ahi!) alla finale con una nube giallorossa a nascondere il motto: “Il cielo si oscurò con i colori di Roma”. Nessuna coreografia dipinta, però, e non perché sapessero come sarebbe finita. Ma perché “La coerenza come ideale vale più di una finale”, firmato Curva Sud.
Il benvenuto a Roma per Psy, popstar coreana del “Gangnam style”, invece, non è altrettanto romantica: chiedete al tecnico audio dell’Olimpico, costretto ad alzare il volume degli alla sua esibizione per tentare di nascondere la pioggia di fischi di provenienza bipartisan. Per fortuna a rompere l’alleanza concorre la sanissima abitudine allo sfottò perfettamente sintetizzata con un “Psy è daa Lazie” dalla Sud. Che rincara: “Calciopoli, doping, calcioscommesse, de pulito a Formello non c’è manco er custode”. Sarà il gol preso da Lulic, ma in Sud ne hanno anche per la società, cui dedicano un “No al nuovo logo” tutto per Mr Pallotta. In quel momento nei distinti si pensava ancora alla coppa: “Voi la grinta, noi l’amore, per una stella sopra il cuore”. Ignorando quella che a Roma è nota come “la maledizione della stella”: se ne parli, perdi. Appunto.