(F. Bocca) – La cosa più importante del Derby è che finalmente sia finito, passato in archivio. Più come un incubo che una festa del calcio. La seconda cosa è che lo ha vinto la Lazio, che dunque viene salvata da questa specie di opprimente “giudizio universale” secondo cui chi vince finisce in gloria, nonostante una mediocre stagione alle spalle, e chi perde – in questo caso la Roma – passa i guai suoi, sprofonda sempre un po’ più in basso, e ha pure l’angoscia di offrire teste tagliate e capri espiatori al pubblico assetato di colpevoli. La capitale in stadio d’assedio, i quartieri presi in ostaggio, il rischio di incidenti, gli arsenali di asce e coltelli nascosti per essere pronti a colpire, e le minacce ai giocatori affinché non si azzardino a vincere, dicono benissimo in quale clima si giochino partite del genere. Non ci può essere bel calcio in notti del genere, e anzi per una volta la partita non si è trasformata in una corrida anche per merito di un arbitro che l’ha coraggiosamente controllata.
La Lazio ha festeggiato a lungo la vittoria nella notte dell’Olimpico, quasi come una liberazione. E come se avesse vinto molto più della Coppa Italia, trofeo comunque che sta salendo di prestigio. Aveva cominciato benissimo la stagione, per poi crollare verticalmente nel girone di ritorno, buttando via tutto quello che poteva o sognava di conquistare. A cominciare da una qualificazione in Champions League, diventata Europa League per il rotto della cuffia, appunto per merito del gol di Lulic che ha mandato ko la Roma e certamente ancor più aggrovigliato le sue storie americane.
La Lazio ha meritato la vittoria, ha mostrato più gioco, più carattere, ha sfruttato al massimo l’occasione che gli è capitata. E soprattutto non si è mostrata Klose-dipendente, che è un po’ il suo limite: è stata più squadra. La Roma invece è stata abbandonata dai suoi tanti talenti smarriti, da Destro a Lamela. E Totti e De Rossi, come al solito, hanno sofferto l’ansia da derby. In un calcio normale non dovrebbe essere un semplice gol di differenza a sentenziare che la Lazio è totalmente da salvare e la Roma è da totalmente da buttare e rifare. Ma il calcio a Roma è fatto con la pancia e non con la testa. La Coppa farà chiudere un occhio sul campionato a scivolare della Lazio, la Roma ricomincerà la sua ennesima rifondazione, a partire dall’allenatore. Che purtroppo non ce l’ha fatta a trasformarsi in principe azzurro. Intorno la città si sente finalmente liberata dall’angoscia del derby.