(M. Pinci) – Le lacrime che gli rigavano il volto domenica all’Olimpico mentre la Lazio, rivale di sempre, sollevava al cielo la Coppa Italia, raccontano molto bene i pensieri del capitano della Roma: Francesco Totti, oggi, è sospeso tra un presente da leader assoluto di una squadra senza identità e un futuro col punto interrogativo, in un club che non fa mistero di guardare alla carta d’identità dei suoi uomini. Un contratto in scadenza tra 12, la parola del presidente Pallotta che gli garantisce il prolungamento.Eppure i discorsi per avviare quel rinnovo che Totti sente di aver strameritato, con i 227 gol in serie A e i 12 di questa stagione, sono fermi al timido approccio di febbraio con Baldini.
E chissà se il dg con la valigia, in bilico anche lui tra l’orgoglio che gli suggerisce di restare e la voglia di tornare alla calma londinese, ha davvero in animo di concedere al trentaseienne simbolo romanista un prolungamento dell’accordo in essere, che comunque prevede poi un contratto quinquennale da dirigente. Finora Totti è rimasto alla parola data da Pallotta nel pranzo di aprile, tra un astice alla catalana e un bicchiere di Pinot: «Finché vorrai giocare a pallone potrai farlo nella Roma».L’appuntamento però continua a slittare, e Francesco non vorrebbe iniziare la prossima stagione senza avere programmato l’anno nuovo.
Così in un’intervista a France Football avverte: «Ho offerte da importanti squadre straniere, all’estero potrei anche giocare». Come a dire che, se costretto a guardarsi intorno, non impiegherebbe troppo a trovare una sistemazione: Usa, Russia, Qatar e Inghilterra lo aspettano. In fondo la scelta di restare a Roma, oltre a regalargli grandi emozioni, lo ha privato di qualche soddisfazione personale: «Qui ho ottenuto tutto quello che volevo ma ho anche perso delle occasioni», ammette, scherzando poi sulla Lazio:“Cos’è la Lazio? Niente”, risponde a una domanda, aggiungendo che se il figlio un giorno dovesse uscire con una ragazza biancoceleste “non lo farei rientrare a casa”. Ma i rimpianti sono tanti: «Se fossi andato al Real Madrid avrei vinto tre Champions League, due Palloni d’oro, avrei avuto più possibilità. Ma preferisco quello che ho fatto, anche se ho il rimpianto di non aver vinto due o tre scudetti in più». Cui oggi aggiungere quello di un futuro in sospeso.
Come quello di Daniele De Rossi, sempre meno convinto – nonostante un contratto di altri quattro anni a 10 milioni lordi – di proseguire a Roma la sua carriera. Stufo, alla soglia dei 30 anni, del continuo flusso di critiche per prestazioni ormai standardizzate al di sotto della sufficienza. Ieri Baldini era a Londra, ufficialmente per avviare la cessione di Stekelenburg. Ma non è escluso che il viaggio serva anche ad ascoltare la prima proposta che il Chelsea, in attesa di Mourinho, è pronto a formulare per il giocatore. Dieci milioni, forse meno: non è poi così alto, il prezzo dell’addio.