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SERIE A Sponsor cercasi. I tempi della crisi: Roma, Lazio e Catania senza partner commerciale

Wind

Aziende locali, marchi di famiglia, qualche volta uno spazio vuoto sul petto che purtroppo non è un richiamo vintage agli anni del calcio in bianco e nero, quando la maglia non era ancora ‘macchiatà dallo sponsor. Il calcio italiano ai tempi della crisi fa i conti con la contrazione della spesa pubblicitaria. E si ritrova con squadre come Roma, Lazio o Catania in cerca di un partner commerciale per abbinare i nomi, far da volano e rimpinguare le casse nell’era del fair play finanziario, che è come dire ‘non c’è una lirà. Ci sono club virtuosi come Milan e Napoli. Quasi 80 milioni di entrate di sponsor e proventi commerciali il primo (Fly Emirates sulla maglia e Adidas primo contribuente, con quasi 17 milioni l’anno); una politica di marketing stile promozione da hollywood per la società di De Laurentiis, i cui giocatori fanno da testimonial a una nota marca di acqua minerale campana ma anche alle crociere MSC. Ci sono poi marchi calcisticamente solidi come la Juve, blindati sì sotto il punto di vista della sponsorizzazione ma con un marchio ‘di famiglià, la Jeep della Fiat-Chrysler per la quale il club della famiglia Agnelli incassa 35 milioni fino al 30 giugno 2015.

L’altra soluzione è quella dell’azienda-azionista: continuerà infatti fino al 2016 il matrimonio (nato nel ’95) tra Pirelli e Inter, un quinquennale che nell’ultima stagione a bilancio, il 2012, ha portato nelle casse di Morati 12,95 milioni di euro: a versarli Marco Tronchetti Provera, azionista col 13 per cento del club nerazzurro. I dati asettici delle società di rilevazioni parlano addirittura di un fatturato in crescita per il campionato che fu il più bello del mondo: 85 milioni generati dai main sponsor nell’ultima stagione, secondo Sport+Markt, contro i 73 del 2012. Ma l’80 per cento dei ricavi viene da metà dei 20 club di A, solo la Spagna in piena crisi finanziaria è indietro (78,7 milioni, e lì da padrone la fanno solo in due, Real e Barca), la Premier League inglese invece è lontanissima (148,7) e anche la Bundesliga di Bayern e Borussia è avanti (119,8). Una serie A spaccata in due, con le grandi che offrono appeal e una crisi di sistema per le altre, anche a prescindere dal risultato? Roma è il caso simbolo. La Lazio è stata quest’anno l’ unica delle 20 a giocare senza scritte sulle maglie e va avanti così – a parte apparizioni spot – da sei anni: risultati in campo e riscontri di bilancio non ne hanno risentito per nulla, come insegna la recente vittoria di Coppa Italia milioni. Ma ora sarà derby anche di sponsor: la Roma ha portato a scadenza il suo accordo con Wind (6 milioni l’ultimo anno, con il milione aggiuntivo per la qualificazione all’Europa sfumato proprio per il ko con la Lazio), e per ora non ci sono nuovi nomi da stampare sulla maglia in vista: Volkswagen, partner commerciale delle nuova linea made in Usa, dovrebbe moltiplicare per sei il suo investimento attuale che tanti passaggi tv gli ha già fruttato, con Totti e compagni.

Alle prese con un ‘AAA sponsor cercasì anche il Catania, una delle poche realtà del Sud rimaste in A, e protagonista di stagioni brillanti: l’appoggio della Regione, con la scritta ‘Arance di Sicilià , non può andare oltre. Il club etneo è alla ricerca di nuovi partner. Rinnovata invece anche per il prossimo anno la partnership tra Sardegna e Cagliari, che ha come sponsor anche Tirrenia. Casi a parte sono quelli della neopromossa Sassuolo, dove la fa da padrone ovviamente la Mapei del patron Squinzi: è così dal 2004, data di arrivo dell’attuale presidente Confindustria. Fatti in casa anche i marchi del Livorno che aspira a salire in A: oltra alla Carige legata alla genovesità di Aldo Spinelli, ci sono due marchi dell’azienda di logistica del patron. La localizzazione guida le scelte dell’Empoli, l’altra pretendente alla A: lo sponsorizza Ngm, azienda di telefonia cellulare della zona che supporta in A anche il Bologna. Il quale per parte sua ha anche un accordo con un’azienda di ceramiche azionista del club. Non è invece solo il disastro della retrocessione a pesare sul rapporto tra il Siena e il Montepaschi: gli otto milioni l’anno dell’istituto era tra i contributi più alti della serie A, ma lo stop dopo la scadenza del 30 giugno era scontato. Qualche timido filo si è riannodato, ma se si arriverà a un nuovo accordo sarà di sicuro tutt’altra musica.

Fonte: Ansa

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