Viene voglia, dopo una stagione come quella appena terminata, di passare lo straccio sulla lavagna e ripartire da zero. Sarebbe un peccato. La Roma dispone di una spina dorsale fresca e forte, dell’età media di 20 anni e mezzo. Comprende Marquinhos, Erik Lamela, Mattia Destro. Si arriva a 22 anni se si inserisce anche Miralem Pianic, del quale non è ben chiaro il futuro. Gli altri, a meno di offerte stordenti che però devono stordire per davvero, non semplicemente interessare, restano in giallorosso e, se avremo pazienza con loro e con la stessa Roma qualche tempo ancora, assicureranno alla squadra una qualità tecnica inimitabile per diversi anni. Non appena i giovani avranno completato il processo di maturazione.
Un processo di maturazione che alla Roma può dare risultati in maniera particolarmente rapida e fruttuosa. A patto che arrivi a guidarlo un allenatore dal polso fermo e dalla ben definita identità tattica. Lamela per esempio nel corso della gestione Zeman aveva appreso a meraviglia come muoversi da attaccante esterno. Poi è arrivato Andreazzoli che ha dovuto occuparsi principalmente di restituire alla squadra l’equilibrio del quale il boemo non s’interessava. Lamela, anche per pura stanchezza, ha conosciuto un’involuzione.
Tuttavia con il tecnico massese il gruppo, che era tornato a sfrangiarsi sotto il peso delle tensioni innescate dalla scommessa zemaniana, ha ritrovato una sua unità intrinseca. Con poche dolorose eccezioni tra le quali la più rumorosa è quella di Osvaldo. La grande maggioranza dei giocatori ha sofferto come un’ustione la sconfitta di Coppa Italia con la Lazio. Una volta espulsi i corpi estranei, la squadra intende ricompattarsi per dimostrare a tutti di avere capacità, di poter vincere e soprattutto giocare bene. C’è determinazione nella Roma di oggi e quello è il terreno da concimare.
C’è ovviamente il nodo della guida tecnica. La parola chiave è “autorevole “. Dovrà esserlo il prossimo allenatore della Roma. Ma l‘autorevolezza si conquista sul campo, giorno dopo giorno. Non lo è stato Zeman, arroccato nel suo integralismo, lontano dai giocatori che, come spesso succede, hanno smesso quasi subito di seguirlo fino a farlo cacciare.
Dal “tutti amici” all‘equivocare il senso di alcune partite il passo è breve. Le altre due parole chiave sono concentrazione e continuità . Vanno a braccetto. Perchè quando sbagli gare come quelle di Palermo, Pescara e Chievo in casa vuol dire che non sei concentrato nel modo giusto. Il risultato è che in classifica hai sempre arrancato.
Fonte: Corriere Dello Sport