(A. Costa) – Diciamo la verità: la vicenda Allegri ha superato gli argini di ogni più ragionevole forma di sopportazione. Sta diventando una telenovela sempre più attorcigliata su se stessa, che di sicuro non giova all’immagine del Milan e dei suoi attori e la speranza è che stasera, nel summit a tre finalmente convocato ad Arcore, qualcuno ci liberi, in un senso (Allegri resta) o nell’altro (Allegri va alla Roma), dall’incubo di questo tormentone. In questa storia non ha fatto una bella figura Silvio Berlusconi perché, a fronte della cordiale disistima costantemente espressa nei confronti del suo allenatore, si è deciso soltanto ora a invitarlo a cena e a dirgli face to face quello che realmente pensa di lui e che non perde occasione per ribadire, soprattutto ai parlamentari del suo partito («Allegri è un incapace, ha perso due scudetti, ha rinforzato la Juve cedendogli Pirlo », eccetera). Finora il presidente ha fatto come Penelope: ha disfatto quello che Adriano Galliani puntigliosamente aveva costruito ed è sembrato divertirsi un mondo a disdire gli appuntamenti caldeggiati dal suo plenipotenziario.
Una bella figura non la sta facendo neppure il suddetto Galliani perché la sua insistenza nel riproporre la candidatura di Massimiliano Allegri sembra degna di miglior causa. A Berlusconi il tecnico livornese fa venire l’orticaria: continuando a puntare su di lui (Allegri) a dispetto delle chiare scelte di campo presidenziali, l’ad rossonero sta tirando pericolosamente la corda, tanto che nelle ultime ore si sono diffuse voci incontrollate (e che riferiamo per puro dovere di cronaca) circa un suo clamoroso siluramento («Ma io non mi faccio intimidire da nessuno: parlo soltanto con il presidente»). È peraltro lampante come, nell’ottica di Galliani, le pressioni per convincere Berlusconi a ricucire il rapporto di stima con Allegri siano un modo diretto per boicottare la candidatura di Clarence Seedorf alla guida tecnica del Milan.
E, ultimo ma non l’ultimo, non brilla per coerenza neppure Allegri che, dopo essersi proposto alla Roma con la quale ha poi raggiunto un’intesa di massima che lo ha indotto a effettuare telefonate di mercato per conto della stessa, ora — non si comprende come mai vista l’alta considerazione di Berlusconi nei suoi confronti —non disdegnerebbe di rimanere al Milan. Il fatto che questo suo atteggiamento ambiguo gli sia valso la nomination a«maestro del doppiogioco» lo ha indispettito ma se l’etichetta di doppiogiochista non è di suo gradimento, di certo i suoi movimenti e le sue scelte di queste ultime settimane sono stati improntati a una caotica incoerenza che, alla lunga, ha reso giustizia alla definizione coniata per lui da uno dei totem dell’epopea ancelottiana: «Allegri? Come allenatore non è male ma nello spogliatoio è quello che è nella vita: confuso e confusionario». Allegria!