(Corriere Della Sera) – Roberto Mancini «improponibile» per la Roma perché «tifoso » laziale è una barzelletta che si può sentire solo in questa città e in nessun’altra parte del mondo. Roba che manco a Siena, fra i contradaioli più ottusi a ridosso del Palio. Nessuna sorpresa, comunque: viaggiamo dentro al terzo millennio ma calcisticamente siamo fermi al Medioevo. Il solo dato che non si può negare è che Mancini sia un «ex» laziale: come giocatore, in campo dal 1997 al 2000, e come allenatore, in panchina dal 2002 al 2004. Ma che sia, o che sia stato, un tifoso biancoceleste – malgrado tutti i trofei vinti con quella maglia (scudetti e coppe, da calciatore e da tecnico) è fantascienza pura.
Vicino ai cinquant’anni – li compirà tra un anno e mezzo – forse Mancini fatica persino a identificarsi come tifoso doriano, lui che della Sampdoria ha davvero rappresentato un simbolo ineguagliato (15 stagioni, dall’82 al ’97). Eppure anche qui, in questa città così culturalmente arretrata, è stato possibile passare da una panchina all’altra senza che scoppiasse la rivoluzione civile. Dal Dopoguerra a oggi cinque sono stati gli allenatori – e che allenatori, che personaggi – ad avere cambiato sponda. Il primo nome è una leggenda: Fulvio Bernardini, nientemeno. Che nasce nella Lazio come calciatore prima di diventare un mito con la Roma (il centro di Trigoria è intitolato a Fuffo, per dire). Nel campionato 1949-50 allena brevemente i giallorossi e otto anni più tardi passa proprio alla Lazio (alla quale, nel ’58, regala la prima Coppa Italia della storia biancoceleste).
L’inglese Jesse Carver è un tecnico in voga negli anni ’50: sbarca alla Roma nel ’53 (fino al ’55) e poi finisce alla Lazio nel ’56-57 (e seconda parentesi nel ’61). Juan Carlos Lorenzo, argentino, personaggio istrionico e popolarissimo, allena la Lazio dal ’62 al ’64, quando molla tutto per passare sulla sponda gialloross a ( solo una stagione , 1964-65). Tornerà alla Lazio in altre due occasioni (’68-71 e ’84-85). In tempi più recenti tocca a Sven Goran Eriksson e Zdenek Zeman incrociare le strade. Eriksson prende la Roma vice campione d’Europa (’84)e viene esonerato nell’87. Dieci anni esatti più tardi, Cragnotti lo chiama alla Lazio dove vincerà tutto: scudetti e coppe. Quel Cragnotti che aveva esonerato, sei mesi prima, proprio Zeman. Il boemo, siamo sempre nel ’97, non ha remore nell’accasarsi a Trigoria, chiamato da Franco Sensi. Perderà quattro derby su quattro in una sola stagione contro la Lazio. Ma per molti romanisti rimarrà comunque un «maestro».