(A. Santoni) – Aldair è qui per un Brasile-Italia di vecchie glorie. Ma l’attualità della Roma non ha niente di mitico. E lui, da appassionato, le sue idee ce le ha. Ragiona sulle scelte fatte, sui rischi compiuti, su quelli attuali, sul tempo che manca a tutti e su quello finito, secondo lui, per De Rossi ancora romanista. Non accuse, né recriminazioni, un contributo da un grande, che può permettersi verità che magari altri negano.
Aldair, sono dodici anni dall’ultimo scudetto della Roma.
«Indimenticabile».
Sembrano tempi lontanissimi.
«E’ un po’ di tempo che non sento nessuno, ma leggo molto».
Che idea si è fatta di questa nuova, deludente stagione giallorossa?
«Le cose non sono andate bene, e sono già due anni che accade. Io credo che in entrambi i casi sono state fatte scelte molto rischiose».
Scelte rischiose di che tipo?
«Tecniche. Prima è arrivato Luis Enrique, poi Zeman. In entrambi i casi si è scelto allenatori che hanno in mente un tipo di gioco “complicato”, nel senso che per ottenere risultati con loro serviva più tempo. Questo è stato lo sbaglio».
La Roma non può permettersi questo tipo di allenatori?
«La Roma per rimettere le cose a posto dovrebbe tornare a giocare come si gioca il calcio in Italia. Cercando certi equilibri. Non si possono fare troppi cambiamenti. Bisognerebbe potere e voler dare il tempo giusto all’allenatore che si sceglie, difenderlo, perché in breve tempo non può fare molto».
Adesso la patata bollente è toccata a Rudi Garcia, ancora un allenatore straniero.
«Che ha bisogno di tempo più degli altri».
Una scelta rischiosa dunque.
«Con Garcia la Roma è rimasta sulla stessa strada: sì, è un rischio. Si deve saperlo e tenerne conto. Lui viene da fuori, e in Italia non è facile giocare. Magari ci sono degli allenatori giovani italiani bravi che conoscono di più la vostra realtà. Ma una volta fatta questo tipo di scelta, lo ripeto, bisogna dare a Garcia ancora più tempo».
Il calcio italiano ha poca pazienza, lei lo sa bene.
«Anche i tifosi della Roma hanno poca pazienza, è così, è quell’amore. E la società lavora sotto pressione. Come due anni fa».
Secondo lei c’è stato un problema di sopravvalutazione tecnica della squadra?
«A me la squadra piace. Ci sono ragazzi interessanti come Marquinhos, come Lamela. Ci sono Totti, De Rossi».
Secondo Prandelli, Daniele in Nazionale rende di più rispetto alla Roma, perché ha meno pressioni.
«Ma non mi pare che in Nazionale ci siano meno pressioni…quella è una maglia che pesa».
Allora si torna al solito nodo: De Rossi deve restare o deve andare via?
«Secondo me Daniele doveva andare via due anni fa, quando c’erano squadre come il Real Madrid che offrivano tanti soldi; adesso non so se c’è lo stesso mercato per lui».
Non è solo una questione di soldi: sembra che tra lui e Roma, almeno una parte di Roma, qualcosa si sia rotto. Anche con la società…
«E’ un po’ che non parlo con Daniele, ma se la situazione è questa, forse per lui è davvero l’ora di cambiare. Sarebbe meglio per lui e per la società. Meglio lasciarsi così, dopo aver fatto bene per tanto tempo, anche se quest’anno forse ha reso meno del solito».
Totti invece ha stupito e vuole battere il record di Piola.
«Francesco vuole continuare. Giusto? Bisogna vedere se lui sta bene con la testa come nell’ultimo campionato, dove ha corso tanto e forse solo alla fine è calato: se è così, fa bene a continuare. Magari dovrà fare qualche partita di meno, forse».
E Aldair? Le piacerebbe lavorare in Italia?
«Per il momento sto bene qui in Brasile. Sto collaborando con alcuni manager del calcio. Ma se la Roma ha bisogno di qualcosa e di qualcuno, io sono qui: mi piacerebbe proporre dei giocatori».
Un nome?
«No, per ora quelli che sto seguendo sono troppo giovani. Non è giusto fare nomi, sarebbe un errore soprattutto per loro».