(R. Boccardelli) – «La calunnia è un venticello, un’auretta assai gentile, che insensibile sottile, leggermente dolcemente incomincia a sussurrar…» Non sappiamo se Daniele De Rossi conosca a memoria il libretto del Barbiere di Siviglia e in particolare quest’aria tra le più famose. Di certo conosce il significato di una parola che è già fastidiosa di per sé, peggio se cominci a sentirtela addosso appiccicata come una condanna.
TEMPISMO – Con buon tempismo, forse studiato, forse strategico, forse no, De Rossi ha urlato tutta la sua rabbia per come si sente trattato a Roma. «Mi vengono attaccate addosso etichette vergognose. Quante calunnie a Roma! Quando gioco in Nazionale invece è diverso». E ieri sera in conferenza stampa ha preferito non tornare sull’argomento: «Non è questo il momento ma ribadisco e rivendico tutto quanto ho detto l’altra sera» . De Rossi si è sentito spesso l’obiettivo di parte di un ambiente romano che è andato a scavare senza scrupoli nella sua vita privata per trovare le presunte cause di prestazioni non proprio esaltanti del centrocampista. (…)
E ADESSO… – Il tempismo di cui parlavamo è riferito al fatto che De Rossi ha lanciato il suo atto d’accusa proprio nello stesso giorno in cui Rudi Garcia si è insediato a Trigoria. Come dire: Io sono qua ma la situazione è questa, fatemi sapere cosa avete intenzione di fare perché forse stavolta può anche essere che io possa andare via. Soprattutto se chiama il Chelsea di Mourinho aggiungiamo noi. La percezione infatti, soprattutto riascoltando l’audio dell’intervista a De Rossi, è che una volta per tutte Daniele voglia chiarezza dalla società che a sua volta, inevitabilmente, passerà la palla (la patata bollente) a Rudi Garcia. L’ultima parola spetterà al tecnico francese, ma anche allo stesso De Rossi che a un certo punto potrebbe rompere gli indugi e chiedere di andare via.
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